Agnoletto fa l’autocritica della sx – Per un piccolo contribuente onesto che si è visto rifiutare un piccolo prestito dalle banche – Scalfari e un ripensamento sul M5S – 15 senatori 5 stelle votano Grasso – Il Pd non capisce l’ambientalismo – Saviano e il Papa – Monti, cronaca di un colpo di Stato fatto con molta sobrietà – Habemus papam Franciscum – La morte di Chavez –La controversa questione dei cacciabombardieri – Il Fondo Monetario ammette: l’Islanda aveva ragione e noi avevamo torto – I lupi sono tra noi – I giornali, i cani da guardia del potere – Continua la crescita delle rinnovabili – I regali di Monti alla finanza
“Il buio più grande è quando non si vogliono aprire gli occhi”.
.
“L’utopia dei deboli è il terrore dei forti...”
Giuseppe Luigi Mastromattei
.
“PER TUTTI QUELLI DEL MOVIMENTO A 5 STELLE: “Non dare mai spiegazioni: i tuoi amici non ne hanno bisogno e i tuoi nemici non ci crederanno comunque”.
Manny RiberaCuba
AUTOCRITICA DELL’ESTREMA SX
Vittorio Agnoletto (sunto)
Ogni tentativo di addebitare la sconfitta storica della sx a “cattiverie”,come un sistema mediatico che discrimina, è risibile ed evidenzia solo un tentativo di celare le proprie responsabilità.
Non basta dire «non siamo stati capaci di intercettare la crescita del malessere sociale che ha quindi trovato un riferimento nel M5S».
All’inizio di questo millennio si è sviluppato il movimento altermondialista (no global), di un’ampiezza senza paragoni.Esso non solo ha posto in discussione l’attuale sistema mondiale fondato sul dominio incontrastato dei mercati e del profitto, ma ha proposto alternative, ha messo in guardia la società sui rischi della globalizzazione, ha diffuso nuove categorie di pensiero, come i “beni comuni” (vd l’acqua o la salute dell’ambiente). Il movimento – entrato in conflitto con tutti principali partiti europei, ormai inclini al pensiero liberista – ha avuto uno dei suoi punti di forza proprio in Italia.
Ma 2 elementi ne hanno bloccato lo sviluppo:
1) una feroce repressione che ha obbligato il movimento a modificare le proprie priorità (concentrandosi sulla richiesta di verità e giustizia per i fatti di Genova) e che ha rotto quella formidabile unità d’intenti che teneva insieme realtà fra loro estremamente differenti;
2) l’assenza di una sponda politica in grado di trasferire anche sul terreno istituzionale la radicalità delle lotte.
RC inizialmente sembrò capire le potenzialità e le innovazioni culturali del movimento e ne divenne il principale interlocutore, ma poi non se la sentì di compiere il salto decisivo di porre la propria storia al servizio di un progetto antiliberista più ampio…e in pochi anni il movimento perse sia la capacità di realizzare immense mobilitazioni di piazza, sia la forza di avanzare proposte concrete e di suscitare nell’immaginario l’idea che un altromondo era realmente possibile. Ciò ha coinciso con l’avanzare di una crisi sociale ed economica drammatica che ha messo in discussione la stessa sopravvivenza economica di ampi strati della popolazione.
La vittoria referendaria per l’acqua pubblica e contro il nucleare affonda le radici nel movimento di Porto Alegre e di Genova; mostra la capacità di mobilitare su singoli temi, però non ha dato la speranza di un’alternativa complessiva di sistema.
Ma l’onda lunga dei messaggi ha continuato a lavorare nel profondo.
Grillo ha offerto uno sbocco politico a gran parte di queste richieste…raccogliendo diverse proposte antiliberiste ma focalizzandole contro la “casta”, con scarsa chiarezza sugli attacchi di sistema come la questione sociale, i diritti dei lavoratori, la critica al neoliberismo…L’assenza di un’appartenenza ideologica (né dx, né sx) ha facilitato l’adesione di tanti che avevano sofferto la distanza tra la multiculturalità dei movimenti e le rigidità ideologiche dei partiti della sx…Oggi dovremmo dire che la sx sul piano politico è da ricostruire e non certo attraverso la somma dei perdenti elettorali. Occorre voltare pagina e capire che se certe categorie novecentesche non sono riproponibili, ciò non significa cancellare la storia e le conquiste delle lotte passate ma andare avanti anche con linguaggi nuovi.
Suggerisco alcune domande con cui sarà necessario cimentarsi: come superare l’atomizzazione individuale e costruire nuove forme di aggregazione collettiva; come elaborare l’idea di una società diversa senza che un singolo soggetto pretenda di esserne il depositario; come far sorgere un immaginario in grado di suscitare entusiasmo verso l’utopia…Ogni azzeramento offre l’opportunità per ripartire, a condizione di essere consapevoli delle ragioni della sconfitta.
A UN PICCOLO CONTRIBUENTE ONESTO CHE SI E’ VISTO RIFIUTARE UN PICCOLO PRESTITO DALLE BANCHE
Viviana Vivarelli
A te piccolo risparmiatore o piccolo imprenditore o piccolo investitore la banca nega ogni prestito, al mafioso, al politico, al criminale no.
La crisi è stata creata per massimare i profitti bancari. E l’abolizione di regole a banche e borsa, con la grossa speculazione che si è innestata sul debito, il rating e lo spread, è stata imposta all’Europa dal governo americano.
Ricordiamo che, grazie alla crisi, nel 2012 le banche americane hanno avuto profitti record con utili del 19,3% per 141 miliardi di dolari e che in Italia gli utili delle prime 10 banche sono cresciuti fino a 2 miliardi, partendo da un passivo dell’anno precedente di quasi 6 miliardi. Come si vede, la crisi non fa male proprio a tutti e il sistema bancario è quello che ne ha avuto i maggiori profitti.
A chi è piccolo e onesto la banca non concede prestiti, ma dà prestiti enormi e senza garanzie a mafiosi, politici e magnati. Ma qualcuno afferma che questo finirà per rovinarli.
Le banche hanno fatto utili grazie ai prestiti ingenti della Bce (1019 miliardi a tutte le banche europee e 270 miliardi di euro solo alle banche italiane), somme enormi che le banche hanno reinvestito a tassi maggiori nei Btp ad alto rendimento, un rendimento alzato proditoriamente dallo spread, ma le sofferenze, cioè i troppi prestiti dati senza garanzie ai furbi, non sono tornati indietro e le stanno uccidendo. I crediti deteriorati nel portafoglio hanno raggiunto la cifra record di 228 miliardi di euro. In soli 8 mesi del 2012 le sofferenze (prestiti inesigibili) sono state di 108 miliardi, più altri 55 di incagli, prestiti ristrutturati per 19 miliardi e altri scaduti per 16 e ormai irrecuperabili. In tutto fanno 198 miliardi, il 15% in più rispetto all’anno precedente. Unicredit è la banca col maggior livello di sofferenze e al 30 settembre ne aveva per 80 miliardi. Oggi l’intero sistema banca-impresa si è avvitato su se stesso: le aziende non riescono più a pagare i debiti perché Monti ci ha imposto le tasse più alte del mondo (55%) e questo non favorisce certo lo sviluppo e la competivitità, e la caduta della domanda causata dall’austerity ha dilatato la crisi rendendola irreversibile. Le banche, per evitare nuovi prestiti inesigibili, hanno chiuso il credito e il risultato è che tutta l’economia si è fermata.
Come si può venirne fuori? Proprio non lo sappiamo, ma negare i prestiti agli onesti non sarà la soluzione. Intanto sopra le banche ci sono le fondazioni (dirette da politici, anche D’Alema ha la sua), che controllano i pacchetti azionari, mentre le banche sono dirette da politici (vedi il Monte dei Paschi di Siena e il Pd) e il fatto che le fondazioni siano addirittura considerate onlus e detassate è un’altra infamia del sistema, un sistema voluto e gestito da sogetti che nulla hanno a che fare con la giustizia, l’equità, lo sviluppo, il bene dei cittadini.
Ma Monti è l’uomo delle banche e Bersani è il suo profeta. Votateli e vi ridurranno sul lastrico!
SCALFARI E UN RIPENSAMENTO SUL M5S
Viviana Vivarelli
Dopo l’elezione dei due presidenti delle Camere, ecco un articolo imprevedibile di Scalfari, che è stato il peggiore dispregiatore del M5S:
“..si è avvicinato uno di quei giovani. “Volevo salutarla – mi ha detto – Lei ci tratta molto
male ma io mi sono formato leggendola fin da quando ero al liceo, mio padre portava Repubblica a casa e me la dava. Mi diceva: “ Leggi le pagine della cultura e dell’economia, ti aiuteranno a capire qual è il mondo in cui dovrai vivere e lavorare”.
L’ho ringraziato invitandolo a sedersi. Ha voglia di scambiare qualche parola con me? Spero che non le crei problemi. “Nessun problema, anche se la mia posizione politica è quella del nostro Movimento, perciò lei la conosce già”. Infatti..vorrei capire quali sono i suoi sentimenti ora che è arrivato fin qui… “Credo che ci siano molte cose utili da fare, soprattutto per quanto riguarda la moralità pubblica, il lavoro precario e il sistema fiscale. Queste riforme non possono aspettare, la gente ci ha votato per realizzarle. Quando saranno state fatte si tornerà al voto”.Non potrete farle da soli le riforme che avete in programma. “Certo, ma non saremo noi a cercare gli altri, sarà il popolo ad imporle”. Siete contro l’Europa? “Siamo europeisti ma vogliamo un’Europa dei popoli non della burocrazia e dei ricchi”. Lei parla un linguaggio di sx. Posso chiederle chi ha votato 5 anni fa? “Non ho votato”… Non mi sembra che la lettura dei miei articoli abbia avuto molto effetto su di lei. “Non è così, capii alcune cose che mi sono rimaste bene fisse nella mente: l’eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, la libertà di ciascuno, i diritti di cittadinanza. Le 5Stelle vogliono queste cose, i partiti esistenti le vogliono a parole ma non le hanno tradotte in fatti, perciò con loro non collaboreremo, ma accetteremo i loro voti se ce li daranno”. Non importa da dove verranno? “No, non importa”. Qual è stato il suo lavoro finora? “Ho fatto volontariato per servizi all’estero dove ci sono i caschi blu dell’Onu. Sono stato in Libano e anche in Kenya”. Ed ora è un cittadino di 5Stelle. “Già e mi sembra molto coerente col mio lavoro”. Un personaggio storico che sente vicino? “Direi Papa Giovanni ma adesso la saluto, sento suonare il campanello, si vota”. Lei è credente? “Lo sono a modo mio” e se ne andò correndo… Credo che un nuovo governo non debba esser composto da professionisti della politica ma da persone tratte dalla società civile con le necessarie competenze che ogni governo richiede: economiche, giuridiche, culturali. Nel frattempo i partiti debbono profondamente trasformarsi diventando o ri-diventando strutture di servizio della società, canali di comunicazione tra i cittadini e le istituzioni, tra i legittimi interessi particolari e quello generale del quale tutte le istituzioni a cominciare dallo Stato debbono essere portatrici. (Quasi un discorso da 5stelle)
12 SENATORI M5S VOTANO GRASSO
Viviana Vivarelli
Capisco benissimo la difficoltà dei senatori 5 stelle i fronte alle nomina di Grasso (96 no contro 12 sì) e con l’eventualità di ritrovarsi Schifani. Io sarei stata con i 96.
Pietro Grasso non è un personaggio univoco e presenta molte ambiguità. Da una parte sotto la sua direzione come Procuratore antimafia, in 4 anni, sono stati arrestati 1.779 mafiosi e 13 pericolosi latitanti e la procura palermitana ha dato 380 ergastoli per migliaia di anni di carcere. Dall’altra, sotto di lui si sono arenate tutte le inchieste sugli anni delle stragi 92-93 che vedevano coinvolti Berlusconi e Dell’Utri come collusi con la mafia o addirittura mandanti delle stragi e c’è sempre stato un legame di interessi tra Berlusconi e Grasso, al punto che nel 2005 quando doveva essere nominato procuratore nazionale antimafia Pier Luigi Vigna, B fece una legge apposta per escludere Vigna e sostituirlo con Grasso (e B non è tipo da fare un regalo simile senza un preciso interesse). Secondo la legge firmata dal Guardasigilli Castelli, gli incarichi direttivi furono preclusi a chi aveva più di 66 anni e che non poteva garantire almeno 4 anni di presenza prima della pensione. Gian Carlo Caselli, nel 2005, aveva appunto 66 anni e la legge fu fatta appositamente contro di lui, per punirlo di tutte le indagini da lui condotte sui rapporti tra mafia e politica, tra cui quella che sboccò nel “processo Andreotti”. Così Berlusconi ordinò al senatore di AN Bobbio di fare un emendamento alla legge di riforma dell’ordinamento giudiziario (la cosiddetta “Riforma Castelli”, perché nell’affare ci entrò ovviamente anche il ministro della Giustizia di allora, il famigerato leghista Roberto Castelli). In base all’amendamento, Gian Carlo Caselli non poté più essere nominato procuratore nazionale antimafia per superamento del limite di età. Si noti che la Corte costituzionale dichiarò illegittimo il provvedimento ma invano.
Non basta. Durante la trasmissione ‘la zanzara’, Pietro Grasso dichiarò: “Darei un premio speciale a Silvio B e al suo governo per la lotta alla mafia”. Spiegò che B con le sue leggi aveva permesso il sequestro di beni mafiosi per 40 miliardi di euro”. Avrebbe dovuto spiegare come mai nessuno aveva in 20 anni indagato sugli enormi patrimoni neri che permisero a B di esordire come palazzinaro, ricevuti col tramite della banca Rasini, unica banca della mafia a Milano. O come mai il padrino di B sia stato per 20 anni un Dell’Utri, condannato in 2° grado a 9 anni di carcere per collusione mafiosa e fatto da lui senatore per proteggerlo con l’immunità parlamentare, o come mai alla tavola di B mangiava un certo Mangano pluriomicida coinvolto in traffico di droga e sequestri. Salvatore Borsellino bollò Pietro Grasso come persona non gradita e forse lui di mafia se ne intendeva.
Eppure, malgrado questi pesanti sospetti, Grasso è stato eletto 2° carica dello Stato con i voti del Pd e anche questo fa pensare.
Luci e ombre dunque sulla sua figura, ma certo ce n’è abbastanza per chiedersi come mai il Pd abbia prontamente accolto e fatto senatore un soggetto la cui rapida carriera si deve tutta a B, e come mai Bersani lo abbia addirittura proposto come seconda carica dello Stato, cioè come uno che diventerebbe presidente del Governo in caso di inabilità del leader. Ma certo, riguardo a un partito che ha sempre salvato in Parlamento e accolto nelle sua fila gente come Andreotti ed ha venduto il nostro Paese a uno come Monti, tentando fino a oggi un Monti bis, non ci si può meravigliare più di nulla.
La carriera di Pietro Grasso si deve alla protezione di Berlusconi, il quale fece addirittura una legge apposita per detronizzare il legittimo aspirante alla carica di procuratore antimafia, Caselli, con l’aiuto della Lega, per mettere a capo della lotta contro la mafia uno che per 4 anni si è guardato bene dall’indagare sui rapporti tra Berlusconi e la mafia
Dunque Pietro Grasso ha diviso la mafia in due tronconi, uno militare che ha combattuto e uno politico che ha finto di ignorare.
Immagino che i 15 senatori siciliani del M5S che lo hanno votato si siano sentiti in dovere verso i loro elettori di votare uno che che una parte della mafia l’ha combattuta e può esibire gli arresti di 1.779 mafiosi tra cui 13 pericolosi latitanti, condannati a 380 ergastoli per migliaia di anni di carcere dalla procura di Palermo, chiudendo gli occhi sugli oscuri patti politici tra Grasso e Berlusconi.
Immagino lo sconcerto e la rabbia di Berlusconi quando Grasso, invece di essere riconoscente al suo protettore, a chi che gli aveva spianato la strada addirittura con una legge ad personam, si è offerto al Pd l’8 gennaio 2013, il quale Pd subito lo ha candidato al Senato della Repubblica Italiana come capolista nella regione Lazio, dove poi è stato eletto. Il No a Grasso oggi dall’intero Pdl rivela la rabbia di un partito che si è sentito tradito ma che è quasi obbligato a riconoscere meriti a Grasso per non rinnegare il potere che egli stesso gli ha dato.
Indubbiamente la lotta contro certa mafia c’è stata anche se poi ci hanno pensato le prescrizioni o le facili assoluzioni in Cassazione a mandare liberi i mafiosi a centinaia sempre grazie a provvidenziali nomine di Berlusconi. Ma la figura di Pietro Grasso resta ambigua. E la coltre di silenzio che certi personaggi hanno steso sopra le collusioni tra mafia e Berlusconi con Grasso si è fatta più fitta.
Io ho sempre pensato che le mafia siano tante e che si siano da sempre combattute tra loro con la connivenza di pezzi dello Stato che hanno favorito ora l’una o l’altra.
Non si spiegherebbero altrimenti i 43 anni di latitanza di Provenzano che non si era mai allontanato da casa sua. O la casa di Riina totalmente ripulita e imbiancata prim’ancora che la polizia la perquisisse. O i troppi sospetti su capitano Ultimo con la mancata perquisizione nella casa di Totò Riina o la mancata cattura del boss Nitto Santapaola vicino al boss Messina. E anche il fatto che il csx abbia sempre accolto e coperto gente come Andreotti mi ha sempre puzzato di sospetto. Ma per conto di chi è stata fatta la prescrizione ad Andreotti nel 2004 che di colpo è stato graziato dalla Corte di Cassazione da qualunque ipotesi di reato prima del 1980 e assolto per il resto? Questa Repubblica è piena di buchi neri e purtroppo sono in tutti i partiti i quali hanno tra loro e col crimine rapporti che ci resteranno sempre ignoti e il Pd non fa eccezione.
Ci sono livelli di potere in cui le nostre categorie etiche o politiche sono semplicemente fuori luogo.
Penso che ci siamo molte mafie in lotta tra loro, come ci sono molte magistrature in lotta tra loro, o ci sono molti aspetti in Pietro Grasso, alcuni buoni,altri sospetti. Nessuno è univoco. E credere che uno sia tutto buono o tutto cattivo solo i folli o i fanatici possono farlo.
Si pensi a Provenzano che è vissuto indisturbato a casa propria per 43 anni senza che nessuno lo disturbasse ed è stato arrestato quando non contava più niente, era stanco e malato e i poteri erano ormai passati ad altri. Era stato condannato come latitante a 3 ergastoli perché aveva commesso dei delitti atroci, ma il capo della mafia non era lui, era Riina che gli dava ordini dal carcere.
Perché non ci si chiede come mai per 43 anni lo Stato non toccò uno dei più feroci capimafia italiani? E lasciò che vivesse indisturbato a Bagheria? Sotto la protezione di Leonardo Greco, capo della cosca locale? E che facesse ingenti investimenti in società immobiliari attraverso numerosi prestanome per riciclare il denaro sporco? Perché chi sapeva e poteva arrestarlo non lo fece per 43 anni? Non sembra strano che Provenzano si sia fatto anche operare da un cancro alla prostata senza che nessuno denunciasse nulla? E non ci si chiede come mai Provenzano per reinvestire il denaro sporco usò proprio l’imprenditore Simone Castello, esponente politico del PCI che faceva parte dei consigli direttivi delle cooperative agricole e ortofrutticole e investì i soldi pieni di sangue della mafia nell’edilizia, nella sanità e nei rifiuti? Perché non si chiede come mai Provenzano fu denunciato solo quando si mise contro Riina? O il potere dei capi passò in altre mani? perché non si ricorda il processo per favoreggiamento contro Mario Mori, generale dei Carabinieri del Ros?
Ci sono troppe zone oscure dietro Pietro Grasso, come dietro tutte le connivenze che la mafia ha sempre trovato nello Stato italiano.
Per questo era giusta la valutazione di Grillo per cui si doveva votare scheda bianca.
Ci sono molte mafie, come ci sono molte polizie, e ci sono molte magistrature. L’Italia è un Paese per bande. E molte azioni di polizia non furono compiute per difendere la giustizia ma per parteggiare con una mafia contro un’altra.
Sulla bilancia della giustizia il bene e il male compiuti da Grasso sono di difficile valutazione, e i sospetti contro di lui rendono opachi i risultati che in verità sono da attribuire alle procure. Ma una persona che ricopre la seconda istituzione dello Stato non dovrebbe avere tante ombre nel suo passato e non dovrebbe essere un magistrato imposto a forza con una legge anticostituzionale da Berlusconi per favorire gli interessi di mafia, così come in Cassazione B impose il giudice Carnevale affinché annullasse 500 processi per mafia.
Lo ripeto: gli arresti di 1.779 mafiosi e 13 pericolosi latitanti e i 380 ergastoli per migliaia di anni di carcere si devono all’alacre opera dei pm, ma ci fu una parte dello Stato che con la mafia fece patti infami e Grasso stava in quei patti e li ha mantenuti, dimostrando che rispettava il potere politico e non permetteva che fosse attaccato, e lo fece per Berlusconi allo stesso modo con cui Greganti lo fece per il PCI: fu un fedele servitore dello Stato.
Ma di quale Stato? Di uno Stato che noi vogliamo?
IL PD NON CAPISCE L’AMBIENTALISMO
Roberto Della Seta (sunto)
L’ambiente è un tema importante, indispensabile per capire il mondo attuale:
la crisi ecologica, l’attenzione crescente verso i beni comuni, l’avanzata della green economy… è utile anche per misurare la distanza che separa la dirigenza del Pd dalla rivoluzione culturale del M5S, per es. in materia ambientale.
La larga maggioranza del gruppo dirigente del Pd nemmeno ne capisce l’importanza né come sia possibile che per un numero sempre più grande di persone la domanda di ambiente si intrecci con quella del lavoro, del reddito, dell’equità sociale. Lo si è visto con i referendum del 2011: il Pd ha osservato con sospetto la mobilitazione referendaria, poi è rimasta quasi stralunata scoprendo che 30 milioni di italiani – malgrado la crisi economica, malgrado problemi materiali per molte famiglie drammatici – considerino prioritarie questioni come l’acqua pubblica o il no al nucleare. Il ritardo del Pd lo accomuna a molti altri partiti socialisti, legati a una tradizione culturale che vede il progresso e lo sviluppo come fenomeni da scansare. In Italia il Pci ha sempre faticato ad adeguarsi all’evoluzione sociale e culturale e a movimenti come il femminismo o l’ambientalismo o i diritti civili. Prigioniero della sua genetica arretratezza, il gruppo dirigente del Pd, di cui i cosiddetti “giovani turchi” sono l’espressione più recente ma anche più ottusa, usa linguaggi obsoleti e ricette inattuali per arrestare il declino economico dell’Italia, coltivando nei fatti rapporti assai stretti e spesso opachi di scambio e di potere con i settori più antiecologici della struttura economica (l’edilizia della rendita fondiaria, i grandi gruppi dell’energia fossile, l’industria pesante, le banche), allontanandosi da un progetto di radicale cambiamento che li allontana dall’elettorato più giovane e oscurando le grandi innovazioni – ecologia, educazione, tecnologia – di cui l’Italia come l’intero Occidente ha disperato bisogno.
I Cinquestelle non hanno inventato nulla: l’ecologia, i beni comuni, sono temi da tempo “a disposizione”, ed erano centrali già nelle mobilitazioni no-global di dieci anni fa.
Loro li hanno raccolti, depurati di qualche tossina vetero-ideologica di troppo (l’ambientalismo come nuova frontiera anti-capitalista), conditi con nuovi ingredienti – la democrazia della rete, un certo comunitarismo nimby – di per sé discutibili ma gettonatissimi nell’Italia disgustata dalla politica dei partiti. Certo il movimento di Grillo resta essenzialmente un “sintomo” dell’accresciuta importanza culturale e sociale dell’ambiente, mentre il suo concreto programma non pare sempre all’altezza di curare i
tanti e gravissimi mali ambientali dell’Italia. Ma un fatto è indiscutibile: i Cinquestelle sono l’unica forza politica italiana che propone l’ambiente come parte decisiva di una prospettiva generale di cambiamento.
Il Pd vuole ripartire dopo la dolorosissima “non vittoria” di queste ultime elezioni? Allora la smetta di perdere tempo e faccia corteggiando i “cinquestelle” dopo averli sbeffeggiati per mesi, e provi invece a diventare più contemporaneo mettendo per davvero l’ambiente al
centro del suo sistema di valori e di interessi, e la green economy nel cuore della sua idea di sviluppo. Sarebbe più serio e funzionerebbe meglio.
Sauro segnala da Repubblica
IL CASO DEI DUE MARO’
Vorremmo sbagliare, vorremmo essere smentiti dai fatti. Ma a volte i calcoli della politica sono più stringenti di quelli della matematica. L’Italia ha già perso la sua sfida con l’India per il caso dei due marò accusati in Kerala di avere ucciso due pescatori. E’ l’ha persa perché, dopo aver mostrato incertezza e impotenza per mesi, sembrava aver scelto l’unica strada possibile: quella della cooperazione con un sistema politico-giudiziario (quello indiano) caotico, complesso, a volte arrogante e prepotente. Ma con una particolarità: è un sistema che paradossalmente ha molte similitudini con l’Italia, che gli italiani quindi riescono a capire perfettamente. Sarebbero trascorsi mesi, ma l’Italia avrebbe portato a casa i due marò, probabilmente con una condanna da scontare nella penisola. Italia e India hanno molti punti in comune nella caoticità e complessità dei loro sistemi politici e giudiziari. Con una grande differenza: l’India è un grande paese, capace di atti di forza, di aggressività, di violenza politica che la piccola Italia decadente degli anni odierni neppure è capace di immaginare.
Da oggi l’ambasciatore d’Italia a New Delhi, il bravo Daniele Mancini, è di fatto ostaggio, recluso in India al posto dei due marò. Ovvero: un funzionario dello Stato del tutto incolpevole del reato di avere ucciso per errore due pescatori viene trattenuto al posto dei due presunti responsabili dell’incidente. Perché questo è il problema: l’Italia, il governo, i partiti della destra e della sinistra, hanno tutti dimenticato che in questo caso ci sono due morti. Da noi abbiamo trasformato i due marò in eroi per utilizzarli a scopi di propaganda, facendoli passare per vittime (al limite sono vittime del modo non professionale con cui il minstro La Russa ha fatto regolare quel tipo di missioni). In India invece le vere vittime (di cui poco importa agli stessi politici indiani) sono diventate il simbolo di un orgoglio nazionale che è stato sfidato e adesso sfregiato con la furbata di non far rientrare i 2 marò.
Vorremmo sbagliarci, vorremmo essere convinti che “the italian job”, la furbata italiana, fosse l’unica soluzione possibile. Di sicuro l’Italia si prepari a pagare un prezzo altissimo: in termini di credibilità internazionale, di umiliazione politica e di danni economici. Un prezzo pagato sull’altare di un decadente orgoglio nazionale alimentato in maniera artificiale. Anche l’India agisce per orgoglio nazionale. Il loro è molto più grande e spregiudicato.
SAVIANO E IL PAPA
Paolo De Gregorio
Sento che Saviano, la cui autostima è veramente debordante, già tira la veste del nuovo Papa, suggerendo che sarebbe bello che egli ospitasse le madri dei desparesidos della “Plaza de Mayo” in San Pietro, a riparazione della mancata opposizione della Chiesa argentina alla feroce dittatura militare.
Vorrei far notare che gli appelli dei cosiddetti intellettuali, pur giusti in linea teorica, non fanno mai i conti con la realtà nuda e cruda.
Quando Saviano faceva appello alla popolazione di Casal di Principe o di Scampia a ribellarsi e a denunciare sembrava non rendersi conto che la sopravvivenza economica di quelle sfortunate popolazioni dipende esclusivamente dai traffici illeciti di droga e di rifiuti tossici, e che un accenno di collaborazione con lo Stato significa una sicura condanna a morte. Provasse lui senza scorta e senza soldi a sopravvivere a Scampia, e solo così potrebbe dimostrare la praticabilità dei suoi appelli.
Per quanto riguarda Papa Francesco, egli è un conservatore, ha convissuto pacificamente con la giunta militare argentina, e come tutte le chiese cattoliche del mondo, ha appoggiato la destra politica, come è accaduto in Spagna, in Italia, in Polonia, in America Latina, dove la “teologia della liberazione”, ispirata da alcuni sacerdoti è stata combattuta in prima fila proprio dalla Chiesa stessa.
Chiedere al nuovo Papa di diventare di colpo progressista mi sembra una pura astrazione, che denota la totale inutilità di queste figure di intellettuali, ricchi e satolli come Benigni, che trova bellissima e perfetta la nostra Costituzione repubblicana che non ci impedisce di partecipare a guerre, che permette un monopolio mediatico, che non prevede un sussidio di disoccupazione ai senza lavoro, che sottoscrive patti economici con il Vaticano in spregio alla laicità dello Stato.
Contentiamoci del fatto che Papa Francesco ridimensioni il peso della Curia Romana, che pensi più ai poveri che alla politica, che non nasconda più come il suo predecessore le malefatte dei preti pedofili, che sciolga lo IOR e affidi le transazioni finanziarie vaticane ad una “banca etica” trasparente e pulita. E’ questo il massimo che i laici possano aspettarsi dal nuovo Papa.
Quanto a Saviano, usi la sua intellettuale intransigenza verso il partito che dice di votare, il PD, invitandolo ad accogliere la proposta del M5S sul dimezzamento dello stipendio dei parlamentari, e la fine del finanziamento pubblico dei partiti. Per ora non abbiamo sentito un solo appello in questo senso, Saviano tace, ma se non ora, quando si decide?
CRONACA DI UN COLPO DI STATO FATTO CON MOLTA SOBRIETA’
http://lombardia.indymedia.org/node/43236
Consiglio di leggere quello che l’arguto Paolo Becchi, emerito docente di filosofia del diritto all’Università di Genova, scrive a proposito del colpo di stato del ‘sobrio’ Monti nel 2012 a Roma, grazie all’invito al Putsch offertogli su un piatto d’argento dai molto meno emeriti Bersani e Napolitano,”un colpo di stato deciso da «poteri forti» in parte estranei al nostro Paese e guidato dal presidente della Repubblica in persona”, una manovra di Palazzo che ci ha buttati senza quasi ce ne accorgessimo da un parlamentarismo ormai svuotato di poteri da B a un “governo del Presidente”.
Non è un caso che molti articoli di Becchi siano censurati sul web.
Becchi dice: “Marx descrive i poteri della Francia di Luigi Filippo, in cui l’indebitamento dello Stato era l’interesse diretto della frazione della borghesia che governava e legiferava per mezzo delle Camere. Il disavanzo dello Stato era il vero e proprio oggetto della sua speculazione. Dopo 4 o 5 anni un nuovo prestito offriva all’aristocrazia finanziaria una nuova occasione di truffare lo Stato che, mantenuto artificiosamente sull’orlo della bancarotta, era costretto a contrattare coi banchieri alle condizioni più sfavorevoli”.
“Finora banchieri e finanzieri (Monti & Company) si erano limitati a governare indirettamente, nascondendosi dietro la maschera della rappresentanza dei politici,oggi hanno preso direttamente il loro posto e sono loro a governare”.
Ma per salvare le apparenze si è dato a Monti una veste legale (farlo senatore, nominarlo commissario, parlare di governo dei tecnici), così Monti ha potuto garantirsi l’immunità a vita e legittimarsi come espressione del Parlamento che lo legalizzava. Geniale!
“Si doveva, ovviamente, iniziare con l’eliminazione di B, che aveva già dissolto il potere parlamentare. Si è cominciato con l’erosione dall’interno prodotta dallo stacco di Fini. Si è poi attaccata la vita privata di B e i suoi vizi ma anche questo con gli Italiani non funzionava, allora si è attaccato B nei suoi affari (nota mia: Bossi rivelò che al G8 di Nizza B era stato minacciato chiaramente di attacco alle sue aziende quotate in Borsa e aveva ceduto). Si è puntato alla rovina del fondamento economico del suo potere, attaccando le sue aziende e l’intera economia del Paese con lo spread aumentato ad arte (lo spread iniziato a salire dai primi giorni di luglio e arriva a 244. Poi scende senza mai tornare ai valori di luglio, ad agosto è a 298.Poi non si è più fermato. Punto massimo nella seconda settimana di novembre: 553).
Berlusconi non ha reagito e si è piegato a Monti, che sapeva benissimo di poter entrare in campo solo grazie allo spread. Lo spread è salito e il colpo di Stato è riuscito. Il Parlamento ha dato il suo consenso, del resto questo Parlamento è sempre stato il parassita del potere finanziario. Come aveva detto Marx, l’alta borghesia ha interesse al disavanzo dello Stato. Quando fosse stato abbastanza grande con lo Stato sull’orlo del default, le banche avrebbero vinto. Marx usava la parola ‘borghesia’ che oggi è desueta. Oggi diciamo ‘potere bancario e finanziario’, ma lo schema è quello e ha portato il potere finanziario, in particolare la Bundesbank, a diventare unico padrone in Europa coartando i popoli. Monti è un gangster al suo libro paga, un emissario dell’alta finanza che ha preso il governo con mezzi legali e la connivenza dei partiti, col Pd in testa. Come fa dire Brecht al capo di una banda di gangster: «Il lavoro dev’essere legale». Lo aveva spiegato anche Malaparte nel 1931 in “Tecnica del Colpo di Stato”.
In un paio d’ore Napolitano lo fa senatore, gli dà l’immunità e lo fa entrare nel sistema. I media lo osannano come ’sobrio’ ed equo’ (una cosa grottesca, a pensarci! Ma la proprietà dei media italiani comanda un’informazione plagiante ed erronea). Il Parlamento si fa complice necessario del colpo di Stato: accetta il fatto compiuto e lo legalizza formalmente (anche perché i partiti hanno solo da perdere da una democrazia popolare).
Malaparte scriveva: “Come fece Napoleone, conquistare lo Stato col consenso del Parlamento, ossia attraverso la legalità, e pure con la farsa del voto di fiducia bulgaro, tipico dei regimi totalitari (Monti ottiene la fiducia al Senato con 281 sì, 25 no e nessun astenuto; e alla Camera con 556 sì, 61 no e nessun astenuto, la maggioranza ottenuta più alta mai registrata nella storia repubblicana.La Lega Nord è l’unico partito che non vota la fiducia). Nessuno penserà ad un colpo di Stato.Tutti devono credere che si agisce per salvare l’Italia. Nell’epoca della tecnica, il colpo di Stato è un problema eminentemente tecnico. Dunque avremo il ‘governo dei tecnici’ (ma qualcuno può ancora pensare che il Governo Monti non avesse un colore politico?). I poteri forti hanno vinto violentando la democrazia (ma i loro troll grideranno quotidianamente che è Grillo che ha dietro i poteri forti e che violenta la democrazia!!? Perché la loro tecnica è accusare l’unica opposizione democratica del Paese proprio dei misfatti di cui sono colpevoli loro).
HABEMUS PAPAM: FRANCISCUM!
IL NOME È UN PROGRAMMA,
ABOLIRÀ ANCHE IL VATICANO?
Don Paolo Farinella
Si è avverata la profezia del mio romanzo Habemus papam, Francesco, riedito nel 2012 da Gabrielli Editori con il titolo «HABEMUS PAPAM. La legenda del papa che abolì il Vaticano». Il nome c’è già. Ora aspettiamo che abolisca il Vaticano, se non lo fanno fuori prima. Le premesse ci sono, la primavera anche e Bertone e i suoi complici facciano le valigie.
Francesco è il nuovo vescovo di Roma, e di conseguenza, papa della Chiesa cattolica. «Francesco». Dicevo a me stesso: non è possibile! E’ un nome troppo impegnativo. Se il papa sceglie questo nome si condanna da sé a fare sul serio perché deve scegliere la povertà come criterio e metodo di vita; deve essere coerente: come può Francesco abitare in mezzo al lusso Vaticano? Può il papa essere «personalmente» povero, ma apparire «istituzionalmente» potente e ricco? Non licet! Ora non ci resta che aspettare. Intanto colpiscono alcune cose, che ai profani non saltano agli occhi perché non addentro alla simbologia e al rituale. Facciamo un po’ di esegesi di scavo:
1. Francesco si è presentato «nudo» con la semplice veste bianca, senza mozzetta rossa e senza stola, i simboli del «papa» e del capo di Stato Vaticano. La stola era piegata e portata dal cerimoniere, quasi a stabilire le priorità: prima la persona, poi il vescovo, poi il papa poi il capo si Stato.
2. L’immagine plastica dello «smarrito» cerimoniere, Guido Marini, genovese, tutto bardato di rossiccio, con un sorriso di circostanza, che guardava il papa con terrore, era la foto del cambiamento. Marini è stato l’artefice, anzi il complice di Ratzinger per riportare la Chiesa nel passato. Nel suo volto c’era lo smarrimento degli sconfitti tradizionalisti. Un buon inizio.
3. Il biglietto di visita di Francesco è stato un laicissimo «Buona sera!», rivolto ai «fratelli e sorelle».
4. Si è presentato non «al mondo», ma alla diocesi di Roma: «sono il vescovo di Roma». Ottimo!
5. Scandalizzando il cerimoniere che era fuori luogo e fuori posto, ha chiesto la benedizione al suo popolo, prima di dare la sua. Mai era avvenuto una cosa del genere.
6. Dopo 35 anni, per la prima volta, è risuonato in San Pietro, sulla bocca di un papa, il termine «popolo» che era stato espunto dai documenti ufficiali di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI.
7. La croce che ha al collo è di ferro e non di oro. «Signa temporum!».
8. Anche al mattino del 14 marzo è andato a S. M. Maggiore senza abiti pontificali, ma da semplice prete, vescovo, col solo abito bianco. Come se volesse dire: farò il vescovo e il resto verrà da sé.
9. Il suo passato, lascia ben sperare: a Buenos Aires, viveva in un appartamento e andava a farsi la spesa da solo e la sera si preparava da mangiare da sé. Viaggiava in metro e non aveva la macchina. Piccole cose, certo, ma sono una rivoluzione all’interno di un sistema di peccato come il Vaticano che ormai era la centrale di Satana e la fornace degli scandali di ogni ordine e grado.
10. Infine, un papa latinoamericano, è una svolta nella storia della Chiesa: finisce la Chiesa italiana, eurocentrica e comincia la Chiesa universale, la Chiesa della periferia, la Chiesa dei poveri, nella speranza che inizia anche l’era di una Chiesa povera.
Il papato di Ratzinger è stato solo una parentesi quadra che ha fatto perdere otto anni di tempo. Ora, in attesa che lo facciano fuori, speriamo che abbia la forza di fare piazza pulita, cominciando a dare un segno, chiamando in Vaticano, magari facendolo segretario di Stato, mons. Carlo Maria Viganò, quello che Bertone ha esiliato negli Usa perché aveva scoperto la corruzione con nome e cognome dei quaranta ladroni bertoniani & C. La primavera comincia con il primo fiore. Sperare è possibile! Rileggere «Habemus papam» è ancora più emozionante e terrificante.
LA MORTE DI CHAVEZ
Mariapia Caporuscio
HASTA LA VICTORIA SIEMPRE COMANDANTE
“Cristo dammi la tua croce, le tue spine, il tuo sangue,
sono disposto a portarle ma lasciami vivere,
perché ho ancora molto da fare per il mio popolo”
Hugo Chavez.
Oggi l’America latina piange un gigante! Una città colorata di rosso è oggi Caracas: le strade piene di gente che accompagna per l’ultima volta il suo eroe, morto troppo presto. La loro presenza è il solo modo per dire grazie ad un uomo che ha cambiato per sempre la loro storia. Dinanzi al dolore di questo popolo, risuonano patetiche le strida che si levano nel mondo occidentale, per denunciare la presunta natura dittatoriale del governo venezuelano. Se per dittatore si intende qualcuno che governa contro la volontà del popolo, non è il caso di Hugo Chavez, eletto più volte ad ampia maggioranza e fortemente amato dal popolo venezuelano, come dimostra oggi la sua città. Chavez in omaggio alle sue origini popolari, ha deciso di stare dalla parte del popolo e il popolo lo ha capito!
Hugo Chavez insieme ad altri leader come l’ecuadoriano Rafael Correa, l’argentina Cristina Fernandez, la brasiliana Wilma Roussef il boliviano Evo Morales, l’uruguaiano Pepe Mujica, il nicaraguense Daniel Ortega e il cubano Raul Castro hanno dato vita ad un rinascimento di quel bellissimo continente, costruendo un avamposto, nella lotta al liberismo. Usciti da quasi due secoli di sudditanza nei confronti degli Stati Uniti, hanno instaurato una democrazia effettivamente partecipata, attraverso la formula dei diritti sociali, mettendo in primo piano salute, istruzione, abitazione, lavoro, alimentazione. Piuttosto che criticare, i governanti europei farebbero bene ad imitarne l’operato, visto il preoccupante declino dei suoi livelli di civiltà, nel segno delle privatizzazioni dei beni pubblici e del dominio incontrastato della finanza. Gli stessi Stati Uniti dovrebbero abbandonare ogni velleità imperialistica ed occuparsi dei gravi problemi del paese e smetterla con la costruzione di immagine falsa di un violatore dei diritti umani. Quel che si deve demonizzare è il neoliberismo che viola ogni e qualsiasi diritto umano. In Venezuela la popolazione sa cosa significa per averlo provato sulla propria pelle ed è per questo, che sta dalla parte di Hugo Chavez.
Hugo Chavez che piaccia o no ha vinto! Ha vinto perché ha investito la ricchezza del petrolio in beneficio delle classi popolari più povere, che in questi anni hanno visto migliorato ogni aspetto della loro vita (salute, educazione, casa, ecc.) e in tutto questo non c’è davvero nulla di rivoluzionario. Di rivoluzionario in Chavez è l’aver inculcato che nessun uomo debba mai più ritenersi grato a chi lascia a lui gli avanzi di un misero salario, sfruttando la sola ricchezza che possiede: la sua forza lavoro! Ha preteso che la popolazione sapesse che è un diritto fondamentale quello di nutrirsi, che ognuno deve avere pari diritto e dignità. Il merito di questa lotta di classe la si deve interamente a quest’uomo, demonizzato da tutti i capitalisti proprio per questo. Da sempre Hugo Chavez ha lottato per il bene della sua popolazione, che ha governato per amore, come si fa con la propria famiglia, RIFIUTANDO la restaurazione liberale del Fondo Monetario Internazionale, dove sarebbero stati condannati ad essere mantenuti ad una condizione di dipendenza semicoloniale e dove le decisioni fondamentali sulla loro vita, venivano prese altrove. Questa rottura costata sacrifici, dove però questo scatto d’orgoglio, ha portato il Venezuela a moltiplicare gli investimenti in ricerca scientifica di 23 volte (2.300x%) soldi investiti sul futuro per rendere i venezuelani liberi e non inferiori a nessuno. I latino-americani ragionano con la loro testa e non sono abbeverati dai media venduti al potere, come purtroppo avviene in occidente. Per decenni hanno vissuto sulla loro pelle il modello economico che la Troika sta imponendo al sud dell’Europa e non vogliono che quell’incubo d’ingiustizia, fame, repressione e diritti negati, ritorni. In Venezuela il vero dittatore è stato Carlos Andrés Pérez che fece massacrare migliaia di persone per imporre i voleri dell’FMI.
Un altro merito di Chavez è che oggi il Venezuela conosce i propri diritti e non è disposto a rinunciarvi! Quello Chavista è un discorso che riporta in auge l’incancellabile ruolo della lotta di classe nella storia, una lotta affinché i “dannati” vengano abbattuti e non risiedano più nei Sud del mondo. I politici e i media europei che osservano i dogmi di stabilità che umiliano le democrazie europee, farebbero bene a riesaminare la figura di Hugo Chavez che col suo (inefficiente chavismo) ha dimezzato i poveri e iniziato un nuovo cammino chiamato “socialismo” per sfidare il pensiero unico che quel termine demonizzava. Anche se questo cammino è tortuoso e ripido, è la più nobile delle vette.
Hasta la victoria siempre comandante.
http://lombardia.indymedia.org/node/43236
LA CONTROVERSA QUESTIONE DEI CACCIABOMBARDIERI
La Corte dei Conti apre un fascicolo per i 12 miliardi (che rischiano di arrivare a 45) che il governo vuole spendere per acquistare i famosi super caccia.
Controverso acquisto dei caccia F-35 da parte dell’Italia e per il quale tanto si è impegnato il ministro della Difesa Giampaolo Di Paola finisce all’attenzione della Corte dei conti. La procura regionale per il Lazio ha aperto un’istruttoria per valutare eventuali danni erariali.
L’avvio dell’indagine è un atto dovuto, legato a una segnalazione proveniente da Bari. L’Italia si è impegnata ad acquistare 90 F-35 nelle sue varie versioni per Aeronautica e Marina. La spesa prevista è di oltre 12 miliardi, destinati tuttavia a salire, secondo alcune stime, fino a 45 miliardi se si calcolano i costi di manutenzione ed esercizio nei prossimi anni. Un investimento ritenuto da molti inopportuno, tenuto conto della crisi in cui versa il Paese e dei numerosi difetti tecnici finora evidenziati dal supercaccia, il più costoso di tutti i tempi. Proprio per queste ragioni 4 dei 9 Paesi coinvolti nella realizzazione degli F-35, prodotti negli Stati Uniti dalla Lockheed Martin, hanno già deciso di sospenderne l’acquisto. Si tratta dell’Olanda (che con l’Italia è partner di secondo livello, dietro agli Usa e al Regno Unito), dell’Australia, del Canada e della Turchia. Nei giorni scorsi l’associazione dei consumatori Codacons si è rivolta al Tar per chiedere di bloccare l’acquisto anche da noi.
http://espresso.repubblica.it/dettaglio/f35-si-indaga-sul-danno-erariale/2202603
DA BYOBLU DI CLAUDIO MESSORA
IL FONDO MONETARIO AMMETTE, L’ISLANDA AVEVA RAGIONE E NOI AVEVAMO TORTO
Jeff Nielson *
Per circa tre anni, i nostri governi, la cricca dei banchieri e i media industriali ci hanno garantito che loro conoscevano l’approccio corretto per aggiustare le economie che loro avevano in precedenza paralizzato con la loro mala gestione. Ci è stato detto che la chiave stava nel balzare sul Popolo Bue imponendo “l’austerità” al fine di continuare a pagare gli interessi ai Parassiti delle Obbligazioni, a qualsiasi costo.
Dopo tre anni di questo continuo, ininterrotto fallimento, la Grecia è già insolvente per il 75% dei suoi debiti e la sua economia è totalmente distrutta. La Gran Bretagna, la Spagna e l’Italia stanno tutte precipitando in una spirale suicida, in cui quanta più austerità quei governi sadici infliggono ai loro stessi popoli tanto peggiore diventa il problema del loro debito/deficit. L’Irlanda e il Portogallo sono quasi nella stessa condizione.
Ora, in quello che potrebbe essere il più grande “mea culpa” economico della storia, i media ammettono che questa macchina governativa-bancaria-propagandistica della Troika ha avuto torto per tutto il tempo. Sono stati costretti a riconoscere che l’approccio dell’Islanda al pronto intervento economico è stato quello corretto sin dall’inizio.
Quale è stato l’approccio dell’Islanda? Fare l’esatto contrario di tutto ciò che i banchieri che gestivano le nostre economie ci dicevano di fare. I banchieri (naturalmente) ci dicevano che dovevamo salvare le Grandi Banche criminali a spese dei contribuenti (erano Troppo Grandi Per Fallire). L’Islanda non ha dato nulla ai banchieri criminali.
I banchieri ci dicevano che nessuna sofferenza (del Popolo Bue) sarebbe stata troppo grande pur di garantire che i Parassiti delle Obbligazioni fossero rimborsati al cento per cento di ogni dollaro. L’Islanda ha detto ai Parassiti delle Obbligazioni che avrebbero ricevuto quel che sarebbe rimasto dopo che il governo si fosse preso cura del popolo.
I banchieri ci dicevano che i nostri governi non potevano più permettersi la stessa istruzione, lo stesso sistema pensionistico e di assistenza sanitaria che i nostri genitori avevano dato per scontato. L’Islanda ha detto ai banchieri che quello che il paese non poteva più permettersi era di continuare a vedersi succhiare il sangue dai peggiori criminali finanziari della storia della nostra specie. Ora, dopo tre anni abbondanti di questa assoluta dicotomia nelle scelte politiche, è emerso un quadro chiaro (nonostante gli sforzi migliori della macchina della propaganda per celare la verità).
Nel loro stile tipico, nel momento in cui i media dell’industria sono costretti ad ammettere di averci gravemente disinformati per molti degli ultimi anni, vengono immediatamente schierati i revisionisti per riscrivere la storia, come dimostrato da questo estratto da Bloomsberg Businessweek:
… l’approccio dell’isola al proprio salvataggio ha portato a una ripresa “sorprendentemente” forte, ha affermato il capo della missione del Fondo Monetario Internazionale nel paese.
In realtà, dal momento in cui è stato orchestrato il Crollo del 2008 e i nostri governi moralmente in bancarotta hanno cominciato ad attuare i piani dei banchieri, io ho scritto che l’unica strategia razionale era di mettere il Popolo prima dei Parassiti. Anche se non mi aspettavo che i decisori della politica nazionale traessero la loro ispirazione dai miei scritti, quando stilavo le ricette economiche per le nostre economie non ho basato le mie idee sulla compassione o semplicemente sul “fare la cosa giusta”. Ho, invece, costantemente sostenuto che il fatto che “l’approccio islandese” fosse l’unica strategia che aveva una possibilità di riuscita era una questione di semplice aritmetica e dei più elementari principi dell’economia. Quando Plutarco, 2.000 anni fa, scriveva che “uno squilibrio tra i ricchi e i poveri è il male più fatale di tutte le repubbliche” non stava ripetendo a pappagallo un dogma socialista (1.500 anni prima della nascita del socialismo).
Plutarco stava semplicemente esprimendo il Primo Principio dell’economia; qualcosa su cui tutti gli economisti capitalisti moderni che ne hanno seguito le orme hanno basato le loro stesse teorie. Quando gli economisti moderni esibiscono il loro gergo, come nel caso della Propensione Marginale al Consumo, esso è francamente basato sulla saggezza di Plutarco: che un’economia sarà sempre più sana con la sua ricchezza nelle mani dei poveri e della Classe Media invece che essere accumulata ricchi pidocchiosi (e giocatori d’azzardo).
Così quando i Revisionisti di Bloomberg tentano di convincerci che la forte (e reale) ripresa economica dell’Islanda è stata una “sorpresa” ciò potrebbe essere vero se nessuno dei nostri governi, nessuno dei banchieri e nessuno dei preziosi “esperti” dei media comprendesse i più elementari principi dell’aritmetica e dell’economia. E’ questo il messaggio che i media vogliono comunicare?
Quello che qui è ancor più insincero è il tono elogiativo di questo esercizio di Revisionismo, poiché nulla potrebbe essere più lontano dalla verità. Come ho detto in dettaglio in una serie di quattro articoli un anno fa, la campagna di “stupro” economico perpetrata contro i governi d’Europa negli ultimi due anni e mezzo (in particolare) è stata espressamente mirata a cancellare “l’opzione islandese” per gli altri governi dell’Europa.Uno dei motivi per cui l’Islanda è stata in grado di sfuggire alla garrota della cricca bancaria occidentale è che la sua economia (e il suo popolo) conservavano ancora una prosperità residua sufficiente a resistere, mentre la cricca bancaria cercava di strangolare l’economia dell’Islanda come punizione per aver respinto la loro Schiavitù del Debito.
Così, l’austerità non è stata niente di meno di una campagna deliberata per distruggere queste economie europee in modo tale che gli Schiavi fossero troppo economicamente deboli per essere in grado di recidere il loro collare. Missione compiuta!
Si può solo ritenere che né i media dell’industria né i Banchieri Padroni avrebbero consentito che questo chiaro riconoscimento che l’Islanda aveva ragione e noi avevamo torto comparisse sulle loro pagine, a meno che si sentissero sicuri di sapere che tutti gli altri Schiavi del Debito erano stati paralizzati oltre la loro capacità di sfuggire mai a questa oppressione economica.
In effetti, quale prova di questo, non dobbiamo che guardare alla Grecia, l’unica altra nazione europea in cui c’erano state “avvisaglie” (cioè rivolte) mirate a rovesciare il Governo Traditore che aveva servito la cricca dei banchieri. Dopo due elezioni, la combinazione di paura e propaganda ha intimidito il popolo greco da lungo tempo sofferente al punto da fargli scegliere un altro Governo Traditore, che si era espressamente impegnato a rafforzare i vincoli della schiavitù economica. Quando gli Schiavi votano per la schiavitù, i Padroni degli Schiavi possono permettersi di gongolare.
Qui, lo scopo di questa propaganda di Bloomberg non è stato di elogiare il governo islandese (quando sia i banchieri sia i media dell’industria disprezzano l’Islanda con tutta la loro considerevole malignità). Piuttosto, l’obiettivo di questa disinformazione è stato di costruire una nuova Grande Bugia.
Invece della Verità, che dal primo giorno l’approccio islandese era l’unica strategia possibile che avrebbe potuto avere successo, mentre i nostri governi hanno scelto una strategia destinata a fallire, otteniamo la Grande Bugia. I nostri Governi Traditori avevano agito onestamente e onorevolmente e il successo dell’Islanda e il nostro fallimento sono stati ancora un’altra “sorpresa che nessuno avrebbe potuto prevedere”. Abbiamo assistito esattamente allo stesso Revisionismo dopo lo stesso Crollo del 2008, quando i media convenzionali hanno tirato in ballo tutti i loro esperti nell’imbonimento per dirci che erano rimasti “sorpresi” da quell’evento economico, mentre quelli del settore dei metalli preziosi erano andati profetizzando un tal cataclisma, in termini ancora più energici, per molti anni.
Il vero messaggio, cui, per i lettori, è che quando una strategia economica del Popolo prima dei Parassiti ha successo non c’è nulla di minimamente “sorprendente” al riguardo. Così come non è sorprendente che il fatto che tutto il resto del mondo intorno a noi promuova il benessere dei Parassiti, sia un bene soltanto per i Parassiti stessi.
I LUPI SONO TRA NOI
Paolo De Gregorio
Non so se vi siete accorti che il precipuo interesse dei giornalisti (si fa per dire) si sia indirizzato sul “format Misiano”, dove era importante far sapere alle masse di che colore erano i calzini del giudice che aveva sentenziato sul “lodo Mondadori”, replicato oggi per far apparire i grillini ignoranti, ingenui, inadeguati, ecc. ecc., invece di fare conoscere agli elettori i 20 punti del programma che il M5S tiene fermi per qualsiasi possibile trattativa di governo.
Negli ultimi sondaggi sembra premiato l’atteggiamento di fermezza tenuto dal Movimento finora, che passa dal 25% dei consensi al 30%, diventando di gran lunga il primo partito.
A fronte di un attacco a reti TV ed edicole unificate, si aggiunge quello dei due più importanti partiti, PD e PDL, tutti convergenti nel dare addosso all’unica novità della politica italiana, coro a cui fortunatamente manca la pesante voce del Vaticano, impegnato a coprire scandali finanziari e di pedofilia, così diffusi in Santa Romana Chiesa, e ad eleggere un Papa con una certa credibilità.
Il vero miracolo di cui dobbiamo parlare è che un abbondante 30% di italiani si è sottratto alle balle raccontate dai media, e da parecchi anni si informa, discute, propone, vota in Rete, ha preso gusto a partecipare e ha visto in Grillo e nella sua organizzazione una speranza di vero cambiamento.
Questo è un fenomeno irreversibile. Il passaggio dalla passività di sudditi, alla cittadinanza politica attiva e partecipata con tutte le scelte fondamentali in mano alla base è un fenomeno rivoluzionario, che ricorda il PCI delle origini, fenomeno che durò pochissimi mesi, sostituito da una più comoda nomenklatura, inamovibile, che sceglieva dall’alto i nuovi dirigenti, metodo che portò il partito alla perdita di identità e all’autodistruzione.
Se si continuerà a mandare in Parlamento solo chi tra gli attivisti iscritti si autopropone sul territorio con il proprio curriculum e con le proprie proposte, si pretende che siano tutti incensurati, che dopo due legislature sono ineleggibili, e si impegnano a non prendere più di 5.000 € al mese, il M5S avrà un grande futuro perché non ci sarà mai uno che sceglie i dirigenti dall’alto, e la maggioranza perbene appoggerà sicuramente questo nuovo metodo di far politica.
La “CASTA” ha il sacro terrore dei 20 punti principali del programma con cui è certa che sarebbe spazzata via, e vuole trattare, coinvolgere in trattative fumose, dividere il Movimento corrompendo dei singoli, screditare come fa l’Espresso con notizie inconsistenti, insomma usare ogni arma per annientarlo.
La vecchia politica, fatta di accordi sottobanco, spartizioni, inciuci, affari, lottizzazioni, dominio sui media, soldi del finanziamento pubblico a partiti e giornali, è morta ha portato al fallimento economico e morale, e con i morti o moribondi non si fanno accordi, ma si chiede agli italiani di voltare pagina e consegnare la maggioranza assoluta a chi già si muove su un’altra dimensione etica e di regole.
Siccome siamo già in campagna elettorale mi sembra utile riportare come conclusione il documento ufficiale del Movimento sui 20 punti da approvare subito in un governo di salute pubblica.
1 Reddito di cittadinanza
2 Misure immediate per il rilancio della piccola e media impresa
3 Legge anticorruzione
4 Informatizzazione e semplificazione dello Stato
5 Abolizione dei contributi pubblici ai partiti
6 Istituzione di un “politometro” per verificare arricchimenti illeciti dei politici negli ultimi 20 anni
7 Referendum propositivo e senza quorum
8 Referendum sulla permanenza nell’euro
9 Obbligo di discussione di ogni legge di iniziativa popolare in Parlamento con voto palese
10 Una sola rete televisiva pubblica, senza pubblicità, indipendente dai partiti
11 Elezione diretta dei parlamentari alla Camera e al Senato
12 Massimo di due mandati elettivi
13 Legge sul conflitto di interessi
14 Ripristino dei fondi tagliati alla Sanità e alla Scuola pubblica
15 Abolizione dei finanziamenti diretti e indiretti ai giornali
16 Accesso gratuito alla Rete per cittadinanza
17 Abolizione dell’IMU sulla prima casa
18 Non pignorabilità della prima casa
19 Eliminazione delle province
20 Abolizione di Equitalia
I GIORNALI, CANI DA GUARDIA DEL POTERE
Arianna Ciccone
Direttrice del Festival Internazionale di Giornalismo di Perugia
Che succede? Succede che un meteorite si è abbattuto su giornali, partiti, democrazia. E noi abbiamo sentito solo un rumore di fondo. La mia sensazione è che ci siamo arrivati impreparati: il 25% del M5S non nasce ora, eppure in tutti questi anni ci siamo raccontati un Paese che non c’era. Non abbiamo avuto l’umiltà e gli strumenti per capire e ancora oggi insistiamo: testardi, arroganti, presuntuosi e forse anche un po’ disorientati, o semplicemente superficiali. Il giorno dopo i risultati elettorali, l’unico commento che mi sono sentita di fare su twitter è stato questo: “è distruption della politica e del giornalismo”.
La spallata data dal M5S (che è sì Grillo/Casaleggio, ma non solo) non riguarda esclusivamente i partiti ma anche i giornali, come fino a oggi li abbiamo intesi, fatti, vissuti. Giornali e trasmissioni tv che ci hanno raccontato un paese, forse assecondando il loro desiderio di realtà, che semplicemente non esiste: la vittoria scontata di Bersani (un csx dato addirittura al 37%) e l’alleanza con Monti (WOW!). Sembrava fatto, deciso. Ed è arrivato lo tsunami.
Oggi questi stessi giornali cercano di raccontarci Grillo (definito da molti politici ma anche da diversi giornalisti ‘fascista’, ‘populista’ ecc. ecc.) e c’è chi si sforza di capire, mentre altri non sentono nemmeno l’esigenza di sforzarsi, perché Grillo (c’è anche un elettorato, eh…) fa parte di un altro mondo, quindi al limite basta un’infografica sul cappuccio.
Vedo giornalisti inseguire sulla spiaggia uno che corre incappucciato, chiedendo: “Darà la fiducia al governo?” Pochi giorni prima dello tsunami elettorale ho letto Michele Serra – ci sono cresciuta con i suoi articoli – sostenere convintissimo che Grillo, non rispondendo ai giornalisti e non andando in tv, avrebbe perso voti. Come è possibile che giornalisti di questo spessore (ho letto anche un Ilvo Diamanti che poi ha ammesso il suo errore) non abbiano capito cosa stesse succedendo? Non rispondere al giornalista accredita ancora di più Grillo e il Movimento agli occhi di un elettorato che vede questi giornali, i giornalisti in generale, come parte del problema. Se siamo arrivati dove siamo arrivati (recessione, debito pubblico record, disoccupazione a livelli mai visti) è ovvio che l’opinione pubblica includa “i cani da guardia del potere” nella critica al potere (cioè la casta!). Da qui la popolarità del “via i contributi pubblici all’editoria”. I media mainstream hanno perso autorevolezza ed autorità (insieme ai grandi e piccoli partiti).
Sul blog di Grillo – che distingue tra giornalismo politico e locale – si reitera il frame “giornalisti=casta, politici=casta”. E il frame si infila dentro una crepa, una nostra debolezza: non nasce dal nulla. Gioca su un aspetto reale della contiguità del giornalismo al potere, in ogni caso percepito come tale. Pensiamo alla lottizzazione della Rai: possiamo davvero dire che è solo responsabilità della politica?
E quindi? E quindi, arrendiamoci. Se ancora oggi tentiamo di forzare la realtà ai nostri desideri, se quello che non ci piace o non lo raccontiamo o lo raccontiamo male (creando mondi/bolle di sopravvalutazione), allora siamo inutili.
Davvero si può fare appello ai ragazzi 5stelle: apritevi ai giornalisti? No, credo di no. Se non si fidano, dovremmo porci e poi rispondere a una semplice domanda: “Perché?” E invece la reazione è: scandalo, non rispondono ai giornalisti, cacciano i giornalisti! E via titoloni di apertura su tutti i siti online (esattamente come previsto da frame, purtroppo).
A parte che non ci sarebbe nemmeno la notizia, visto che è dal V-Day2 del 2008 che ci mandano a fare in culo (purtroppo). Ma poi non lo hanno fatto o non lo fanno anche altri? L’ultimo episodio è firmato Rosy Bindi con il giornalista Antonino Monteleone.
La mia posizione di fronte a questo è: partiamo da noi, non da loro. Anzi dovremmo sforzarci di uscire da questa contrapposizione noi/loro. Cerchiamo di capire come sia possibile che siamo arrivati così impreparati davanti a questo ‘meteorite’. Attrezziamoci, studiamo, facciamo un bagno di umiltà.
Tra l’altro non so se è chiaro: la presa in giro, la derisione dei parlamentari che si presentano in una loro riunione da parte di molti giornalisti alimenta la distanza e la diffidenza. Non sono opinioni personali, ricadono inevitabilmente sulla credibilità e sull’autorevolezza della testata e dei cronisti, che tutti insieme su Twitter sono anche il giornale per cui scrivono. In questi giorni secondo me non abbiamo dato proprio un bell’esempio. Capisco la tentazione della battuta; la capisco benissimo. Ma a volte un tweet in meno è cosa saggia. Non ho mai visto i giornalisti così compatti (trasversalmente) come contro Grillo/attivisti5stelle. Anche qui torna la semplice domanda: “Perché?”. A questo aggiungiamo la nostra inadeguatezza, se scriviamo che “non serve cacciare i parlamentari dal blog”; se solo oggi scriviamo dei Meetup (attivi dal 2005) il problema è nostro, e lo è anche quando oggi è una notizia che Grillo non è social.
Leggevo la scorsa settimana una bellissima analisi di Barbara Spinelli e mi chiedevo: perché è stata pubblicata ora? Andava pubblicata due mesi fa, almeno.
Siamo in ritardo, ci siamo arrivati tardi e male. Mi dicono: e quindi ora che si fa? Intanto la prima fase è prenderne coscienza, esserne consapevoli e non arroccarsi. ‘È come con la Lega’. No, non è come la Lega, è peggio: oggi viviamo un contesto di discredito dei giornali che peggiora ulteriormente il quadro, rendendolo più complesso e difficile da affrontare.
Noi giornalisti oggi possiamo fare solo un altro grande errore: ostinarci a voler dettare la linea, quando serve solo fare buon giornalismo al servizio del lettore. C’è chi sostiene Grillo ai limite dell’house organ, chi spinge per l’accordo Pd-Grillo, chi per il Governissimo. E intanto perdiamo di vista la nostra funzione: cercare di capire la realtà che ci circonda, raccontare la realtà sforzandoci di capire e far capire. Ripeto: non forzando la realtà adattando il nostro racconto ai nostri desideri, perché quello che vediamo non ci piace (esempio: Non posso ‘pompare’ la petizione di Viola “Sostieni Bersani” con la speranza che Grillo capitoli. Prendendo così anche una cantonata giornalistica. Base di Grillo? I grillini contro il comico? Ma di che stiamo parlando?). Questo porta solo ulteriore discredito e allontanamento dei cittadini/lettori che continueranno magari a leggerci, ma solo per avere la conferma che siamo inutili.
CONTINUA LA CRESCITA DELLE RINNOVABILI
Roberto Meregalli (roberto@beati.org)
Decrescita è ormai il miglior termine per definire il mondo dell’energia in Italia.
Dopo un 2012 di cui abbiamo già rilevato i numeri, il 2013 non muta questo andamento.
Il consumo interno lordo di gas metano è sceso del 6,8% nel mese di gennaio, ancor di più quello di prodotti petroliferi: -10,4%. I consumi di elettricità erano calati a gennaio del 2,4%, a febbraio segnano un -5,1% rispetto a 12 mesi prima (il calo reale è stato
dell’8,1% ma rispetto al 2012 febbraio ha avuto un giorno in meno e una temperatura media inferiore di circa un grado centigrado, pertanto il dato depurato è del 5,1%).
Ancora in diminuzione la produzione termoelettrica (-23,9%) rispetto al febbraio 2012, un settore ormai in crisi conclamata. Sempre in confronto ad un anno fa, segnano un segno “più” l’idroelettrico (+43%) dopo un 2012 poco generoso di piogge, la produzione del vento (+19,1%) e del sole (+11,2%). In particolare a febbraio in Italia l’idroelettrico ha prodotto 3 TWh (miliardi di chilowattora), l’eolico 1,3 TWh e il fotovoltaico 1,1 TWh. Dati positivi questi perché corrispondono a energia prodotta senza import (Nel 2012, il saldo commerciale italiano è stato positivo per 11,0 miliardi, al netto dell’energia sarebbe stato positivo per ben 74 miliardi!) e senza “bruciare” nulla, rimane però negativo il dato sull’import di energia elettrica dall’estero che sale invece di scendere.
Il cambiamento di scenario, non previsto dagli amministratori delegati delle aziende elettriche, appare ormai irreversibile, nessuno pensa più che i consumi possano risalire ai livelli pre-crisi, lo ammette anche Fabio Santini, Direttore Area Mercato dell’Energia di Federutility (vedi canalenergia.com), citando non solo la crisi economica ma anche l’effetto dell’efficienza energetica. Le imprese avviano ristrutturazioni e cassa integrazione. Da tempo in Enel si parla di una cifra vicina al 10% del personale in Italia come eccedente, A2A/Edipower ha annunciato la fermata con cassa integrazione a rotazione in 4 centrali, la chiusura della sede di Mestre e 400 esuberi di personale. (Staffetta quotidiana 6 febbraio 2013). Anche senza rinnovabili in Italia il parco termoelettrico è eccessivo e ammonta a 70 mila MW a fronte di una domanda massima di 56 mila MW (dato 2011), inutile pertanto dar la colpa al fotovoltaico, la verità è che servono idee per riconvertire le nostre utility.
Ieri il Gestore dei servizi energetici (GSE) ha invece pubblicato i dati del parco alimentato a fonti rinnovabili: a fine 2012 la potenza installata è salita a 47.092 MW (+13,7% rispetto al 2011), e il maggior aumento è negli impianti a bioenergia (+34,5%) seguito dal fotovoltaico che ha collegato alla rete 3.577 MW, un buon dato anche se non paragonabile ai novemila del 2011, del resto quest’anno il calo sarà ulteriore e per questo settore si tratta di riuscire a passare il guado del passaggio dal mondo degli incentivi a quello senza. Di certo per questo 2013 la stima (ottimistica) è di 2 mila MW. Da record anche la performance dell’eolico, +41% di elettricità prodotta.
Se si fa una analisi degli ultimi 4 anni è impressionante la crescita nella produzione di elettricità “verde”: +81% dalle bioenergie, +103% dal vento, mentre per il sole occorre lasciar perdere le percentuali perché l’elettricità prodotta si è centuplicata e la produzione del 2012 è più che doppio rispetto alla produzione del nucleare italiano nel suo massimo anno di splendore (fu il 1986 con 8.750 GWh generati).
Quali dunque i problemi impellenti di questo settore? Servirebbero urgenti misure di semplificazione per far continuare lo sviluppo ed evitare i licenziamenti nel solare fotovoltaico e nell’eolico, non servono nuovi incentivi basterebbero detrazioni fiscali (come quella del 55%) e possibilità di finanziamenti a interessi bassi (tipo quelli che la BCE ha fatto alle banche), magari tramite un fondo della cassa depositi e prestiti, per permettere alle famiglie di auto produrre e ridurre i costi della bolletta. E un analogo meccanismo servirebbe per le rinnovabili termiche che dal conto approvato lo scorso anno guadagneranno poco, anzi per settori come le pompe di calore non servirà a nulla.
Servirebbe eliminare la Robin Hood Tax di Tremonti perché non esistono i presupposti su cui si basava. E servirebbe che con urgenza fosse realizzata la famosa Sorgente – Rizziconi, ovvero che sia steso il cavo sottomarino per unire Sicilia e Calabria e ridurre così il costo in borsa dell’elettricità in Sicilia avendo come effetto conseguente al riduzione sull’intera penisola (poiché il prezzo di acquisto dell’energia elettrica nella borsa italiana è il risultato della media dei diversi prezzi zonali). Già ai tempi delle velleità nucleari del governo di cdx sostenemmo che non servivano nuove centrale e che per ridurre il costo dell’elettricità bastavano (allora) due cavi: uno per collegare la Sardegna e uno la Sicilia.
Ora quello con la Sardegna è in esercizio e basta guardare l’ultimo rapporto del GME sui costi dell’elettricità all’ingrosso di gennaio 2013 per vedere come il costo sardo sia perfettamente allineato a quello della penisola: 60,47 € al MWh (addirittura meno del
nord Italia!) mentre quello siciliano continua a svettare a 90,88 €!
Fonte GME
La distanza fra il reale e l’ideale, fra la realtà e i traguardi è fatta del quotidiano e il quotidiano è giorno dopo giorno saper silenziosamente costruire e “costruire è potere e sapere rinunciare alla perfezione” .
I REGALI DI MONTI ALLA FINANZA
Alex primo-Milano
Nel gennaio 2012-il governo Monti ha fatto un bel regalo alla Morgan Stanley: 2 miliardi e 567 milioni di € sono stati dirottati dalle casse del Tesoro a quelle della banca newyorkese. Il tutto è avvenuto all’insaputa degli organi di informazione italiani, così attenti ai bunga bunga del premier uscente ma poco propensi a occuparsi dell’attuale governo in carica. Sono circa un decimo della manovra “salva-Italia” varata dall’esecutivo Monti.
Marzo 2012- 12 miliardi recuperati nel 2011 all’evasione secondo i dati divulgati da Mario Monti.
-la Bosch che patteggia con il fisco 300 milioni di €,
-il Monte dei Paschi che patteggia per 260 milioni,
-Banca Intesa che patteggia per 250 milioni,
-la Banca popolare di Milano che patteggia per 186 milioni di €,
-Unicredit che lo fa per 99 milioni di €.
Una vittoria del fisco, ma fino a un certo punto: la Bosch ha preferito pagare subito 300 che ricorrere contro cartelle per 1,5 miliardi. Magari è lei ad avere perso 300, forse è il fisco che ha perso 1,2 miliardi per fare subito il risultato. Montepaschi ha pagato 260 per evitare i processi su 1,08 miliardi di €. La Popolare di Milano ha pagato subito 186 invece dei 313 contestati. Tutti i rilievi della Agenzia delle Entrate riguardavano molti anni precedenti. E il patteggiamento ha funzionato come un condono: si paga molto meno per chiudere tombalmente il proprio passato.
Aprile 2012-Il governo Monti depenalizza l’elusione fiscale, recentemente inclusa tra i reati da una sentenza della Cassazione. Molte sono le “posizioni aperte”: Dolce e Gabbana, Unicredit e buona parte delle principali banche italiane, già finite nel mirino del fisco per le stesse pratiche (Intesa, Mps, Popolare di Milano, etc).
Gennaio 2013-il governo Monti concede un prestito a MPS di 4 MLD
Anno 2012- Sono circa 30 MLD i soldi girati da Monti al fondo salvaStati.
Questi i risultati della “responsabilità nazionale”: E’ UNA TRAPPOLA per favorire i mafiosi
RIDIAMARO :- )
Notizia dell’ultimo minuto: il marito della bigliettaia del cinema dove Grillo va a vedere i film a Natale porta gli stessi calzini celesti di quel criminale del giudice Mesiano.
Secondo i giornalisti de l’Espresso “non c’è niente di illegale ma è bene farsi delle domande”.
Nicola
.
Spinoza
A Berlusconi si rompono le acque. Accolto il legittimo impedimento.
.
Dopo una estenuante mediazione tra forze politiche, l’Italia inaugura la più mastodontica grande opera di tutti i tempi: la Tav sullo Stretto. Un pezzo di montagna della Val di Susa, completo di tunnel, viene estratto e poggiato di traverso sul braccio di mare che separa Sicilia e Calabria. Celebrazioni bipartisan.
dicembre 2039: L’Italia rientra nell’euro con la promessa di non toccare niente.
marzo 2041:La scienza permette definitivamente la clonazione. Come nuovo presidente della Repubblica si ventila l’idea Pertini.
gennaio 3250: Varata la tanto attesa legge sul conflitto di interessi: chi possiede più di due galassie non potrà acquistarne una terza.
