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MASADA n° 1746 12-3-2016 NO ALLA RIFORMA DEL SENATO
I 12 punti di attacco di Zagrebelsky alla riforma del Senato – Firma la petizione – Siamo in guerra contro la Libia? – La guerra stupida – No alla guerra d’Africa – L’illegalità costante delle primarie del Pd – Primarie del Pd a Roma: 47mila voti contro i 100mila del 2013, 3.709 tra schede bianche e nulle La Serracchiani dichiara che sul risultato di Napoli non c’è discussione –– Il radicale Giachetti – The Economisty elogia Virginia Raggi – Erdogan distrugge l’unico giornale libero – Crisi, deflazione e avanzata della dx fascista – La Cgil favorevole alle trivellazioni in mare
Arnold Joseph Toynbee
“Le civiltà muoiono per suicidio non per assassinio”
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NO ALLA RIFORMA DEL SENATO
(Le domande sono di Zagrebelsky, le risposte sono mie. Viviana Vivarelli)
1. Diranno che “gli italiani” aspettano queste riforme da 20 anni
In realtà i nemici della Costituzione ci sono sempre stati perché sono i nemici della democrazia, e sono gli stessi che hanno sempre tentato (e ora col Pd ci riescono) di tagliare i diritti dei lavoratori e i diritti elettorali dei cittadini (ci hanno già tolto l’art. 18, il veto a licenziare senza giusta causa, il diritto di eleggere i presidenti di Provincia e hanno reso più difficile il referendum). I tentativi di golpe esistono da 70 anni: Pacciardi, Edgardo Sogno, Luigi Cavallo, Di Lorenzo, Valerio Borghese, Licio Gelli e tutta la P2. Ora continuano con l’avallo del Pd e del Pdl che sta sfociando nel Pd.
2. Diranno che “ce lo chiede l’Europa”
Purtroppo il disegno europeo è fallito, sommerso dallo strapotere della Germania e dalle mire esose del Fondo monetario e della Bce che servono gli interessi dei magnati e dei banchieri, soprattutto tedeschi e americani. Questa Europa ultraliberista e finanziaria sta distruggendo gradatamente le autonomie degli Stati, il welfare, i diritti dei popoli, portando a quella cancellazione delle Costituzioni e delle democrazie ordinata dalle maggiori banche americane, con in testa la Goldman Sachs, per uccidere l’Europa e rivalutare la finanza americana, costringendoci all’aiuto bellico, allo scudo spaziale, al TTIP, ai polli alla varechina e ad altre aberrazioni contro natura, per il solo interesse statunitense.
3. Diranno che le riforme servono alla “governabilità”
Queste riforme tendono a un pesante accentramento di potere nelle mani di uno solo, comprimendo la democrazia e portando gradatamente a una forma di tirannide: un uomo solo al comando, circondato da una corte di yesman, uomo che non viene nemmeno più eletto ma è scelto e pilotato da forze esterne, per portare l’Italia al massimo dello sfacelo, come è avvenuto in Argentina o in Grecia e come si sta ripetendo da noi, addirittura con gli stessi autori dei massacri comandati in precedenza (vd Padoan).
Per questo si vuole coartare l’organo più rappresentativo della democrazia, il Parlamento, che dovrebbe essere il rappresentante del popolo, per farne una assemblea di nominati che non legifera già più ma vota solo alla fiducia e in cui sé stata soppressa la discussione addirittura per leggi minori per farne un organo succube e impotente. L’Italicum che ripete tutti i difetti malsani del porcellum è su questa stessa strada di omicidio della democrazia.
5. Parleranno di atto d’orgoglio politico dei parlamentari, finalmente capaci di autoriformarsi senza guardare al proprio interesse
Qui di orgoglio non è proprio il caso di parlare. Al contrario, prevale solo l’interesse alla poltrona di soggetti viziati ed esosi, ultrapagati e ultraprotetti, pronti a votare qualunque schifezza pur di conservare i loro benefit e il loro potere. Di orgoglio parlamentare ormai non può più parlare chi è interessato solo all’impunità, alle prebende e ai vitalizi, essendo caduto il Parlamento, da Berlusconi a Renzi, nell’inerzia stolida di chi notifica senza discutere le decisioni abnormi di un capo di Governo che ormai mette alla fiducia ogni inezia e cambia le commissioni parlamentari con altre a lui più consone quando gli fa comodo. Se la democrazia si intesta nella rappresentatività popolare del Parlamento, questa ormai è agli sgoccioli e un Senato di nominati scelti da Renzi tra i più fedeli degli enti locali diventa totalmente grottesco.
6. S’inorgogliranno chiamandosi Governo costituente
I danni fatti alla Costituzione da Renzi sono ormai talmente giganteschi (si prenda solo l’eliminazione dell’art. 18 che tutela i lavoratori o l’espressa intenzione di abolire lo stato sociale) che augurarsi il suo prosieguo è da criminali. C’è una tale differenza tra i Padri legislatori e questi cialtroni e antidemocratici che, per il bene della nostra Repubblica, possiamo solo augurarci che siano cacciato al più presto prima che abbiano distrutto ogni traccia di democrazia e di tutela dei cittadini. Renzi si sta facendo una Costituzione su misura, ma, visto che rappresenta non i cittadini bensì la classe politica e finanziaria più rapace e corrotta d’Europa, avere una Costituzione fatta da lui che tutela il Capitale, depenalizza i reati, lascia senza tutele i cittadini e uccide la democrazia non è veramente augurabile. Anche solo pensare ad un Governo costituente è una aberrazione, visto che qualunque Governo rappresenta solo gli interessi di una parte mentre una Costituzione deve difendere i diritti di tutti. E la parte che ora governa tramite Renzi non ha nemmeno i numeri della maggioranza degli elettori bensì quelli raffazzonati di una armata Brancaleone per un Governo talmente in bilico di numeri che cambierà il Senato principalmente per sbarazzarsi di una opposizione.
7. Diranno che hanno come esempio la Francia di De Gaulle e la sua riforma costituzionale del 1962
Ma vi sembra che un Renzi, nemmeno eletto, e che ha perso tutte le sue battaglie e smentito tutte le sue promesse, abbia la stoffa di un De Gaulle? E credete che si possa fare il minimo paragone tra la Francia della resistenza che si risollevava orgogliosa dal giogo nazista per un futuro di libertà e ricostruzione e questa Italia di oggi, ultima in Europa, soggiogata dagli USA e dalla Merkel, il cui premier non viene nemmeno più chiamato ai convegni dell’Ue e che quando parla dei suoi successi scatena l’ilarità tra i giornalisti stranieri? La Francia risorgeva su una Costituzione di fiera ed equa democrazia. I testi raffazzonati e confusi che propone Renzi si basano sul Piano piduista di Licio Gelli per la distruzione di ogni democrazia.
8. Diranno che, anche ammettendo che la riforma abbia avuto una genesi non democratica e un iter parlamentare telecomandato nei tempi e nei contenuti, alla fine la democrazia trionferà nel referendum confermativo.
Intanto Renzi ha reso più difficile il referendum alzando a 500.000 il numero dei richiedenti e imponendo nuove regole per l’accettazione delle firme e tenta di entrare politicamente alla Consulta per inficiarne il giudizio. Poi si basa molto sull’inerzia e disaffezione ormai congenite dei cittadini italiani che disertano le urne con un trend in costante aumento. Inoltre, se mai si riuscisse ad arrivare realmente a un referendum, i media embedded, il martellare dei tg a senso unico e la proverbiale ignoranza istituzionale degli Italiani faranno tutto fuor che chiarezza.
9. Diranno che si tratta d’una riforma essenzialmente tecnica, rivolta a razionalizzare i percorsi decisionali e a renderli più spediti ed efficienti.
Una riforma costituzionale non è mai tecnica ma profondamente politica e tesa a un cancellazione ulteriore della sovranità popolare per l’aumento dei poteri di uno solo, dunque meno democrazia e più tirannide. Si rovescia la piramide democratica. Il popolo diventerà maggiormente soggetto ai diktat di uno solo. Le “riforme” costituzionali servono solo a facilitare un despota circondato da una corte ossequiente, il che è il contrario di qualsiasi democrazia.
10. Diranno che i partiti di sx, già al tempo della Costituente, avevano criticato il bicameralismo e che perfino Ingrao, negli anni 80, voleva abolire il Senato.
FALSO. Ingrao voleva semplificare le istituzioni parlamentari per dare più forza alla rappresentanza democratica e fare del Parlamento il centro della vita politica. La meta era una “democrazia partecipativa” o “democrazia di massa” (come oggi chiede il M5S). Oggi è il contrario: Renzi boccia la democrazia come populismo, mentre con le sue menzogne si comporta nel modo più demagogico possibile e vuole dare ogni potere al Governo, cioè a se stesso, riducendo la sovranità popolare.
11. Diranno che i ciechi conservatori (i gufi) hanno paura del nuovo, anzi del futuro che avanza e sono paralizzati dal timore dell’uomo forte.
Ma in democrazia comanda il popolo, non l’uomo forte. Questo è autoritarismo. E la storia della civiltà non può e non deve tornare alle manifestazioni dell’uomo forte, di cui in Italia abbiamo visto tutte le disastrose conseguenze. Oggi il potere dell’uomo forte in Italia ce l’abbiamo già, in quanto Renzi mette uomini suoi a capo di tutte le istituzioni e i posti strategici dell’economia (l’ultima è stata sostituire la Bindi Presidente dell’antimafia con un renziano). Siamo ai massimi della cortigianeria politica e de nepotismo così da eliminare qualunque opposizione. La democrazia si basa sull’equilibrio dei poteri (e Renzi lo sta distruggendo come nemmeno B fu capace di fare), sulla sovranità popolare (e Renzi lede violentemente il diritto elettorale), sull’uguaglianza di tutti davanti alla legge (e non c’è Paese come l’Italia dove questa sia negata), sul riconoscimento dei diritti dei cittadini (e Renzi ha attaccato i diritti del lavoro e quelli del welfare assieme al diritto ad avere giustizia e ad essere protetti da uno stato sociale). Il futuro che ci propone l’uomo forte Renzi è gravido di minacce, pieno di precarietà e di abbandono, povero di certezze e di speranze.
12. Diranno che siamo immobili mentre loro sono i rinnovatori
Ma chi distrugge diritti, tutele e futuro non è un innovatore. E’ un distruttore. Mai la classe politica è stata corrotta e incapace come questa. E mai i risultati economici, politici, sociali e persino culturali dell’Italia sono stati così bassi. Mai la nostra immagine nel mondo è caduta tanto in basso. E non si possono chiamare innovatori quelli che ci fanno crollare in tutte le classifiche positive internazionali mentre saliamo in quelle negative che misurano la corruzione, la mancanza di libertà di stampa, l’emigrazione, la fuga di cervelli, la disoccupazione giovanile e quelli che non cercano nemmeno più lavoro (oltre 6 milioni).
13. Diranno che la vostra è una opposizione preconcetta. Non siete d’accordo nemmeno sull’abolizione del Cnel e la riduzione dei costi della politica?
Sui costi della politica ci sarebbe molto da discutere, visto che, con tutte queste riforme, i costi non hanno fatto che aumentare e che dissero questo anche con l’eliminazione delle Province che non sono affatto sparite coi loro costi, mentre l’unica cosa che è stata cancellata è stata il diritto dei cittadini a votarne i presidenti. In quanto al Cnel, è giusto eliminarlo ma una rondine non fa primavera. Se davvero si voleva ridurre i costi della politica, si poteva fare un Parlamento sempre bicamerale ma molto più leggero. Il Congresso americano è formato da 453 membri. L’Assemblea nazionale francese da 577. Il Parlamento tedesco da 639. Perché noi ne dobbiamo avere 945? Si poteva dimezzare il Parlamento conservandone la bicameralità che impedisce una formazione rapida e superficiale di leggi. E perché, per ridurre i costi dello Stato, non si equiparano gli stipendi, i vitalizi e i benefit dei parlamentari alla media europea? Cosa che si doveva fare ma che non è mai stata fatta, e che urgeva, visto che i nostri politici sono i più pagati d’Europa (quasi 10 volte di più di quelli americani, quasi 5 di più di quelli inglesi). E, sempre per ridurre le spese pubbliche, perché non si comincia ad applicare davvero quel tetto dai superstipendi di 240.000 euro, che viene bellamente superato con espedienti meschini come i bond dei dipendenti Rai, per cui per es. il Presidente Campo Dall’ Orto prende 650 mila euro, la Bignardi, che è stata fatta direttrice di Rai 3 non si sa per quali meriti guadagnerà come 280.000 euro? La Rai è nelle mani del Tesoro. Che senso ha emettere bond da 350 milioni? E perché si è stabilito che il tetto non vale per le società quotate in Borsa? Per cui alla fine in Finmeccanica l’ad Mauro Moretti prende 2,2 milioni, all’Eni Claudio Descalzi 3,3 milioni, all’ Enel Francesco Starace 2,2 milioni. E perché il tetto non vale per gli organi costituzionali e il Presidente della Corte costituzionale che guadagna 423 mila euro all’anno e i giudici 360 mila?
14. Diranno: come è possibile disconoscere il serio lavoro fatto da numerosi esperti, a incominciare dai “saggi” del Presidente della Repubblica, passando per la Commissione governativa, per le tante audizioni parlamentari di distinti costituzionalisti, fino ad approdare al Parlamento e al ministro competente per le riforme costituzionali. Tutto ciò non è per voi garanzia sufficiente d’un lavoro tecnicamente ben fatto?
Qui di ben fatto non c’è nulla. Anzi, tutte le leggi che partono da Renzi sono malfatte anche tecnicamente, sono abborracciate e confuse, tanto che è il Presidente della Repubblica che deve rimetterle in ordine e dar loro una veste presentabile. Noi vediamo una sola tendenza ossessiva: ridurre i poteri dell’elettorato, ridurre i diritti dei cittadini, umiliare il Parlamento e ridicolizzare la Magistratura, con omertà parlamentari che ostacolano i processi a politici, tempi di prescrizione dimezzati, reati gravi depenalizzati, obbligo ad archiviare i casi politici, leggi che sanciscono iniquità palesi. Dal punto di vista tecnico, la riforma, poi, è una frode, perché non renderà più snella l’attività legislativa bensì, non modo caotico e cialtrone con cui è stata fatta, aprirà infiniti conflitti di competenza. In pratica avremo sempre un bicameralismo ma stolido e confuso, in cui un Senato di ‘nominati’ si ritroverà ad esercitare in parte la funzione legislativa, anche su cose gravi (come la politica comunitaria, le politiche pubbliche e di controllo sulla Pubblica Amministrazione, l’elezione dei giudici della Consulta) ma senza un mandato popolare, e dunque in rappresentanza di chi? Del capo del Governo che ha ‘nominato’ i Senatori?
La cosa gravissima è che Renzi non sta solo distruggendo qualsiasi valore e principio di sx nel Pd ma sta demolendo la sovranità popolare si cui si basa la stessa democrazia.
Scrive Zagrebelsky: “Il popolo sovrano è stato spodestato. Se manca la sovranità, cioè la libertà di decidere da noi della nostra libertà, quella che chiamiamo Costituzione non sarà è tale. Sarà uno strumento di Governo di cui chi è al potere si serve finché è utile e che si mette da parte quando non serve più. E proprio questo è stato l’atteggiamento sfacciatamente strumentale degli ultimi anni: la Costituzione non è stata sopra, ma sotto la politica e perciò è stata forzata e disattesa innumerevoli volte nel silenzio compiacente della politica, della stampa, della scienza costituzionale. Ora, la riforma non è altro che la codificazione di questa perdita di sovranità. La Costituzione è espressione della sovranità; se manca la sovranità, non c’è Costituzione. L’impegno per il No al referendum ha, nel profondo, questo significato: opporsi alla perdita della nostra sovranità, difendere la nostra libertà”.
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FIRMA LA PETIZIONE
Potevano essere trovate altre soluzioni, equilibrate, di modifica dell’assetto istituzionale, ascoltando le osservazioni, le proposte, le critiche emerse perfino nel seno della maggioranza. Si è preferito forzare la mano creando un confuso pasticcio istituzionale, non privo di seri pericoli. La revisione sarà oggetto di referendum popolare nel prossimo autunno, ma la conoscenza in proposito è scarsissima. I cittadini, cui secondo Costituzione appartiene la sovranità, non sono mai stati coinvolti nella discussione. Domina la scena la voce del Governo che ha voluto e dettato al Parlamento questa deformazione della Costituzione, che viene descritta come passo decisivo per la semplificazione dell’attività legislativa e per il risparmio sui costi della politica: il risparmio è tutto da dimostrare e la semplificazione non ci sarà. Avremo invece la moltiplicazione dei procedimenti legislativi e la proliferazione di conflitti di competenza tra Camera e nuovo Senato, tra Stato e Regioni. Il risultato è prevedibile: sono ridotte le autonomie locali e regionali, l’iniziativa legislativa passa decisamente dal Parlamento al Governo, in contraddizione con il carattere parlamentare della nostra Repubblica, e per di più il Governo non sarà più l’espressione di una maggioranza del paese.
Già l’attuale Parlamento è stato eletto con una legge elettorale definita Porcellum. Ancora di più in futuro: con la nuova legge elettorale (c.d. Italicum) – risultato di forzature parlamentari e di voti di fiducia – una minoranza, grazie ad un abnorme premio di maggioranza e al ballottaggio, si impadronirà alla Camera di 340 seggi su 630.
Ridotto a un’ombra il Senato, il Presidente del consiglio avrà il dominio incontrastato sui deputati in pratica da lui stesso nominati. Gli organi di garanzia (Presidente della Repubblica, Corte Costituzionale, Csm) ne usciranno ridimensionati, o peggio subalterni. Se questa revisione costituzionale sarà definitivamente approvata la Repubblica democratica nata dalla Resistenza ne risulterà stravolta in profondità. E’ gravissimo che un Parlamento eletto con una legge giudicata incostituzionale dalla Corte abbia sconvolto il patto costituzionale che sorregge la vita politica e sociale del nostro paese.
Nel deserto della comunicazione pubblica e con la Rai sempre più nelle mani del Governo, chiediamo a tutte le persone di cultura e di scienza di esprimersi in un vasto dibattito pubblico, anzitutto per informare e poi per invitare i cittadini a partecipare in tutte le forme possibili per ottenere i referendum, firmando la richiesta, e per bocciare con il voto nei referendum queste pessime leggi. Sentiamo forte e irrinunciabile il compito di costruire e diffondere conoscenza per giungere al voto con una piena consapevolezza popolare, prima nel referendum sulla Costituzione e poi nei referendum abrogativi sulla legge elettorale. Per ottenere questi referendum sulla Costituzione e sulla legge elettorale occorrono almeno 500.000 firme, per questo dal prossimo aprile vi invitiamo a sostenere pienamente questo impegno.
Facciamo appello a tutte le persone di buona volontà affinché diano il loro contributo creativo a questo essenziale dovere civico.
FIRMA LA PETIZIONE
https://www.change.org/p/cittadini-perch%C3%A8-votare-no-al-referendumcostituzionale-e-fermare-la-legge-elettorale
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SIAMO IN GUERRA CONTRO LA LIBIA?
Perché uccidiamo persone che stanno uccidendo persone per dimostrare che uccidere è sbagliato?
(Holly Near)
La guerra non restaura diritti, ridefinisce poteri.
(Hannah Arendt)
Non c’è nessuna cosa che la guerra abbia mai realizzato che non potevamo realizzare meglio senza di essa.
(Havelock Ellis)
Il rifugio dell’uomo moralmente, intellettualmente, artisticamente ed economicamente in bancarotta è la guerra.
(Martin H. Fischer)
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ALESSANDRO GILIOLI
La guerra più idiota del mondo
Nel corso dei secoli in cui finora si sono dipanate le vicende umane, sono stati fatti quasi tutti i tipi di guerra: d’aggressione, di difesa, di convenienza, di colonizzazione, d’indipendenza, di liberazione, di rivoluzione, di prevenzione e così via.
Ultimamente però ci stiamo specializzando nella guerra stupida.
Intendo stupida proprio secondo il celebre Quadrante di Cipolla: apporta danni agli altri senza alcun vantaggio per se stessi, anzi procurando grandi svantaggi anche a chi la dichiara.
Il debutto di questa modalità bellica idiota si può forse far risalire all’intervento occidentale in Somalia, nel 1992; peggio è andata in Afghanistan all’inizio di questo secolo; peggio ancora con la splendida idea di Bush e Clinton di invadere l’Iraq nel 2003, una scelta a cui dobbiamo tra l’altro la nascita dell’Isis; ma hanno cercato di non essere da meno Sarkozy e gli altri interventisti in Libia, nel 2011.
Adesso c’è la seria possibilità che tocchi agli italiani battere tutti per imbecillità, mandando truppe in Libia.
A parte forse Panebianco, credo che non ci sia nemmeno bisogno di convincere nessuno in merito, talmente è evidente l’idiozia della cosa.
Basterebbe il solo fatto che noi siamo l’ex potenza coloniale a rendere semplicemente impensabile un intervento italiano (figuriamoci un “ruolo guida” dell’Italia nella futura occupazione). Basterebbe solo quello.
È tra l’altro curioso il fatto come questa cosa sia poco enfatizzata, nel dibattito politico nostrano: probabilmente abbiamo rimosso il nostro passato di paese che occupava – e massacrava. Del resto a scuola ci insegnano pochissimo delle nostre guerre in Libia e Abissinia. Peccato invece che in quei Paesi la memoria in merito sia molto viva. Me ne sono accorto di persona, quando meno di un anno fa ho passato un breve periodo in Etiopia: e anche nelle campagne più sperdute mi indicavano i luoghi dove gli italiani avevano fatto impiccare dei ragazzi locali. Il nome del generale De Bono, che da noi conosce probabilmente meno di un persona su cento, in Etiopia è invece sulla bocca di molti. I nonni hanno raccontato ai nipoti, del resto, quello che da noi invece non sa quasi nessuno: preferiamo l’etichetta di “brava gente”, rifugio ipocrita di chi non ha fatto i conti con il proprio passato.
Poi c’è quello che viene dopo, nel considerare la stupidità questo intervento. Non richiesto – ad esempio – da nessun Governo libico unitario e legittimato, per il semplice fatto che questo non esiste: ci sono gli amici dell’assassino al Sisi da una parte e gli amici dei Fratelli Musulmani dall’altra, più una pletora di milizie più o meno tribali – e l’Isis.
Noi andremmo a cacciarci in questa guerra di tutti contro tutti, dove non ci sono neppure lontanamente i buoni da un parte e i cattivi dall’altra. E lo faremmo fondamentalmente per conto terzi, cioè del resto dell’Occidente che manda avanti noi perché evidentemente siamo i più cretini.
Il tutto, sia chiaro, in assenza di alcun piano progettuale sul cosa fare per stabilizzare l’area a nemico eventualmente battuto, perché non sia abbandonata la buona tradizione di fare la guerra senza avere uno straccio di idea sul cosa fare dopo, visti gli ottimi risultati che questa strategia dell’improvvisazione ha già dato in Libia e Iraq.
Ecco, forse nel 2016, di fronte all’ipotesi di fare la guerra in Libia, potremmo utilmente mettere da parte le contrapposizioni di principio che di solito vengono tirate in ballo: quelle sull’articolo 11 della Costituzione, sul pacifismo come valore assoluto o relativo, sulla liceità morale di un intervento in territorio altrui.
Perché oggi basta guardare pragmaticamente al senso specifico proprio diquesta guerra, alla sua specifica e totale stupidità.
Proprio nel senso di Cipolla: far danni ad altri facendo danni a se stessi.
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NO ALLA GUERRA IN AFRICA
Viviana Vivarelli
Tu che sei guerrafondaio e inneggi alla nuova guerra italiana in Libia mi devi spiegare quanta democrazia, quanta protezione ai bambini o quante lotte all’Isis sono state realizzate dagli americani&soci in 13 anni di guerra all’Irak o in 15 anni di guerra in Afganistan. O quanta stabilità e pace sono state conseguite attraverso la guerra, la vendita di armi e l’alimentazione dei conflitti dalle massime potenza mondiali nelle guerre in Egitto, Libia, Mali, Mozambico, Nigeria, Repubblica Centrafricana, Congo, Somalia, Sudan, Algeria, Birmania, Filippine, Pakistan, Thailandia, Siria, Cecenia, Daghestan, Ucraina, Yemen…
Posso ricordarti che i più grandi produttori del mondo di armi sono negli USA per un 30%, in Russia per il 26%, in Germania per l’8%, in Francia per il 7% e in Italia per il 2%?
Posso ricordarti che dopo l’attacco di Parigi i guadagni dei fabbricanti di armi sono schizzati verso l’alto in modo mostruoso? E che I mercati azionari degli Stati Uniti, paese che esporta il maggior numero di armi al mondo, hanno registrato una crescita costante nelle loro sedi di New York? La Lockheed Martin, che è la più grande azienda di armamenti al mondo e produce il missile Hellfire, una delle armi usate dagli Stati Uniti per colpire l’Isis in Siria, ha visto aumentare le proprie quotazioni del 3,5 per cento dal giorno degli attacchi al lunedì successivo, registrando una crescita del 2,3 per cento da allora.
Un’altra società, la Raytheon ha registrato la sua seconda crescita più grande in tre anni, guadagnando un 4 % il 16 novembre. Le sue azioni sono aumentate dell’8 % dal 13 novembre. Nella classifica dei maggiori produttori di armi del Sipri, la Northrop Grumman si posiziona subito dopo la Raytheon, con un aumento delle quotazioni maggiore al 5 %, mentre il produttore statunitense di droni AeroVironment ha guadagnato un 10 % dal giorno degli attacchi.
Riesci a capire chi ci guadagna largamente dall’Isis e ha tutto interesse ad alimentare una campagna di guerra? Da quando l’Isis ha fatto la sua comparsa nell’aprile 2013, l’industria della Difesa ha guadagnato molto nelle borse valori di tutto il mondo. I prezzi delle azioni della Northrup Grumman e della Thales sono aumentati del 160 %, mentre quelli della Lockheed Martin del 150 %. Ecco come l’industria della difesa trae benefici economici dall’inasprimento dei conflitti in Medio Oriente e dal terrorismo internazionale che a sua volta gli permette di continuare a sfornare proprio gli strumenti che rendono possibile questa violenza.
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‘Non so chi’ mi chiede: Cosa si può fare di concreto?????
Intanto ricordarsi dell’articolo 11 della Costituzione che detta: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali…” Ma la neutralità ti fa tanto schifo? E credi che nelle condizioni in cui siamo una nuova guerra ci farebbe bene? E credi anche che l’Isis non ci aumenterebbe gli attentati? E che aprire un nuovo fronte di guerra in Libia, non si sa contro chi e non si sa a fianco di chi, non aumenterebbe l’ondata di profughi?
O forse credi che quelli dei barconi vengano da noi a fare turismo e shopping? Ma forse sei un tale guerrafondaio che godi anche quando Renzi dichiara guerra senza nemmeno avvertire il Parlamento, contro la contrarietà dell’81% dei cittadini e solo per dimostrare agli USA che è buono solo a fare il tappetino, così come fa con la Merkel!
Ma quanti bei guerrafondai ci sono tra questi maschietti, così convinti che le guerre siano ancora il modo migliore per imporre la pace nel mondo, come se migliaia di anni di storia della specie umana non avessero provato solo che le guerre di bene non ne hanno prodotto mai!! Ma perché non vi arruolate tutti come mercenari e le guerre non andate a farle di persona?
C’è stato un tempo in cui un certo Marx diceva energicamente che tutte le guerre discendono dai capitalisti che vogliono aumentare il loro capitale e lo fanno massacrando i popoli, e che “stava per sorgere una società nuova, la cui legge internazionale sarebbe stata la Pace, perché la sua legge nazionale sarebbe stata dappertutto la stessa, il Lavoro!”, ma non mi sembra che i piddini di nuova generazione siano molto diversi dai fascistelli di 75 anni fa. Gli manca solo il fez e il moschetto e poi abbiamo il ballila perfetto!
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Spago
1 – In realtà non c’è alcun intervento preventivo perché America, Francia e Italia sono già in Libia, stanno già aumentando l’intervento e hanno già preso accordi per la guerra.
2 – Il nostro intervento ha sortito e sortirà l’effetto opposto a quello desiderato. Radicalizzerà il mondo arabo e musulmano contro di noi e aumenterà il terrorismo (giustamente visto che UCCIDIAMO-RUBIAMO-DISTRUGGIAMO-INVADIAMO), porterà nuovi volontari nelle fila dei terroristi, fornirà loro nuovi mezzi perché non abbiamo modo di assicurarci dove vanno i rifornimenti che mandiamo, farà nascere nuovi gruppi terroristici, che coltivati per servire ai nostri scopi ci sfuggiranno di mano, getterà quelle terre nel caos, perché non c’è alcuna forza “buona” “sicura” e “affidabile” che possa essere insediata stabilmente, ne distruggerà ulteriormente l’economia e la ricchezza, perché queste fanno tutte le guerre, porterà lì gruppi di interesse occidentali a derubarli delle loro risorse, perché sappiamo che succederà questo, coltiverà l’odio per l’occidente e i propositi di vendetta sul lungo periodo, proietterà ancora una volta una immagine di imperialismo occidentale (VERA). Colpiremo matrimoni, scuole, ospedali, funerali, manifestazioni, studenti, organizzazioni umanitarie e ogni sorta di vittima innocente. Moriranno italiani ed europei, verranno rapiti e dovremo pagare i riscatti finanziando la criminalità. Per trovare i soldi per la guerra l’ISIS o chi per lui ruberà, schiavizzerà, venderà droga e farà ogni sorta di atto abietto. Scateneremo nuove ondate di profughi che no sapremo e non potremo gestire, e relative risposte xenofobe. Con il terrorismo che ci raggiungerà qui, o che verrà dalle seconde generazioni o dai neoconvertiti, scadremo in reazioni autoritarie, avremo aumenti del controllo statale su tutti noi “per ragioni di sicurezza”, avremo enormi spese e tasse e debiti di conseguenza, avremo la crescita di movimenti come la Lega o Forza Nuova, avremo reazioni indiscriminate sospettando ogni musulmano, arabo o uomo con la barba o donna col velo di essere un nemico. Costruiremo sempre più muri, avremo sempre più problemi di ordine pubblico, e sempre meno tolleranza. Si accentuerà la reazione nazionalista e avanzerà l’uso politico identitario del cattolicesimo contro una laicità vista come debole e inadeguata. A catena sorgeranno sempre più problemi con la Turchia, la Russia, la Cina e gli altri Paesi arabi, e così via.
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LO STRAZIO COSTANTE DELLE PRIMARIE DEL PD
ALESSANDRO GILIOLI
Il povero Matteo Orfini non aveva fatto in tempo a dire che a queste primarie piddine erano andate meno persone perché si erano evitate truppe cammellate o zingare, che quelli di Fanpage (bravi) hanno rivelato che almeno a Napoli non è andata proprio così, diciamo.
In effetti, la questione è un po’ singolare: sui social network, durante la domenica dei gazebo, quelli del Pd si vantavano che avevano fatto più elettori loro in un’ora che il M5S a fine voto, poi il giorno dopo ci hanno spiegato che se va meno gente è meglio perché così vuol dire che il voto è pulito – e invece non è nemmeno così.
Bel casino: che – al netto dei soliti scazzi tra i due partiti – in realtà pone la questione fondamentale, cioè la gestione della democrazia interna e il rapporto tra base e rappresentanti all’interno dei partiti e/o delle aree politiche.
Tema su cui bisognerebbe fare un po’ di chiarezza, con qualche punto fermo.
Primo: il principio secondo il quale per fare un candidato sindaco o un leader di partito bisogna interpellare la base è ormai sdoganato e non si torna indietro, non si torna cioè a quando veniva tutto deciso da pochi notabili nei corridoi. Pensare che i limiti e le storture degli attuali sistemi (sia quello del Pd sia quello del M5S) siano una buona ragione per rigettare la democrazia dal basso è una sciocchezza fuori tempo. Anzi, ormai le forme di coinvolgimento della base nelle decisioni su candidati e rappresentanti tracimano un po’ ovunque, dai socialisti francesi a Podemos in Spagna, ma pure i leghisti hanno scelto Salvini interpellando gli iscritti, anche nel centrodx orfano di Berlusconi pensano di avvicinarsi a qualcosa di simile e perfino quella buffonata messa in pedi dallo stesso Salvini a Roma una settimana fa ha comunque il senso di sentire la base.
Secondo: lo snodo successivo è capire che cos’è la base, cioè qual è il perimetro nel quale si fa la consultazione. E qui siamo ancora a carissimo amico, appunto. Perché è ormai evidente che il meccanismo creato dal centrosx ancora ai tempi di Prodi (vota chiunque passa nelle vicinanze, quale che sia il suo credo politico) fa acqua da tutte le parti e il caso di domenica scorsa a Napoli viene dopo quello altrettanto discusso della Liguria nel 2015, di Modena e Reggio nel 2014, di Palermo nel 2012 e ancora più indietro di nuovo a Napoli nel 2001. Insomma non sembra più che il problema sia occasionale: sembra invece fisiologico e connesso con il meccanismo stesso del “vota chiunque”. La questione ha probabilmente a che fare con la crisi della struttura dei partiti stessi, iniziata ormai vent’anni fa e ancora lontana da una soluzione: il vecchio partito di militanti e tesserati non c’è più, ma non si è ancora trovato un modello nuovo che funzioni.
Terzo: anche qui, pensare di tornare al meccanismo delle sezioni dei tesserati che votano un tizio, il quale poi con altri votati come lui sceglie un delegato, il quale poi a sua volta andrà al congresso a votare anche lui, mi sembra lievemente fuori luogo. È necessario invece trovare strumenti di definizione che siano più larghi e diretti delle vecchie tessere con delega ma più stretti e limpidi del “vota chiunque passi da quelle parti”.
Quarto: se i partiti e i movimenti volessero davvero primarie pulite, inizierebbero quindi non solo ad avere un albo digitale dei propri simpatizzanti, ma anche ad affidarlo a società esterne concordate che – pur mantenendone la riservatezza – lo confronterebbero con un software con gli albi degli altri partiti, il quale software provvederebbe a eliminare quelli che si sono iscritti ad albi di partiti concorrenti tra loro (by the way, conosco uno iscritto alla piattaforma del M5S che domenica a Roma ha votato alle primarie del Pd, ad esempio).
Quinto: l’esigenza di una certificazione esterna alla regolarità del voto mi sembra un tratto comune delle zone erronee di Pd e M5S. Dato che le primarie (di entrambi i partiti) ormai sono diventate molto rilevanti per le sorti delle rappresentanze reali, credo che sia patrimonio comune della democrazia che ci sia, in tutti i partiti, una qualche forma di verifica indipendente sottraibile ai cacicchi o ai capi.
Sesto: se in tutto ciò – e facendo tesoro degli errori, quindi degli affinamenti necessari – iniziasse a ragionare un po’ anche la sx non sarebbe male, visto che alle primarie del Pd fortunatamente non partecipa più (a parte Milano, ma anche lì mi sa che è l’ultima volta) però primarie proprie ancora non ne fa, e non si capisce bene perché, infatti qui a Roma quell’area sta nei casini totali tra Fassina e Bray mentre a Milano non si sa se e chi candidi, e soprattutto con quali criteri a parte le telefonate tra i capi e i capetti.
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Dimitri Acone
Non è necessario inventarsi niente. Se uno vuole veramente le primarie basta fare una campagna politica (e metterci la faccia) per introdurre una legge copiata pari pari dagli USA. Negli Stati Uniti le primarie non sono un affare da associazione privata ma regolamentate dalla legge. Se uno fa quello che è successo a Napoli (anche nelle ..
precedenti) viene arrestato e portato via in manette!
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Il Bruzio
Ormai il PD ha venduto l’anima al diavolo e ai procacciatori di voti, facendo sua l’idea che i voti non puzzano ma si pesano, sono ben accetti da qualsiasi parte provengano: corrotti, condannati, destrorsi, cinesi, fascisti, ndranghetisti, faccendieri, malviventi, extracomunitari, disonesti, massoni, voltagabbana, zingari, ecc., e in qualsiasi modo: con denaro, con brogli, con ricatto, ecc.
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Anchìo-Santo
renziani ..verdiniani..cosentiniani..e noi andiamo a cercare altri mondi abitati
mentre sarebbe meglio studiare gli alieni che abbiamo in casa
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Roma, dopo le primarie farsa il Pd esulta. Senza rispetto per gli elettori
Marco Pasciuti
Il dato politico è talmente lampante da essere chiaro a tutti, tranne che ai vertici del Pd: alle primarie 2016 del Pd è andata a votare la metà dei romani che si era mossa per votare Marino nel 2013. Ora, hai voglia a dire, come ha già fatto il vicesegretario Guerini, che è un “un buon risultato considerata anche la situazione da cui partivamo” e “una vittoria del Pd”. La realtà racconta l’esatto contrario: l’affluenza è stata dimezzata e la fiducia dei romani è stata abbattuta dallo scandalo di Mafia Capitale, nel cui trogolo esponenti del Pd sguazzavano a braccetto con gli (ex) fascisti amici di Alemanno, dalle tante lacune e omissioni dell’amministrazione Marino ma anche dell’assedio che il partito ha stretto attorno al suo sindaco per i due lunghi anni e mezzo in cui quest’ultimo è riuscito a rimanere seduto al Campidoglio e dal cannoneggiamento finale cui lo ha sottoposto prima di buttarlo giù, lasciando senza una guida una città che cammina quotidianamente sull’orlo del caos. Risultato: 47mila voti contro i 100mila del 2013, 3.709 tra schede bianche e nulle, quasi il 10%. Tecnicamente si chiama flop e tanto dovrebbe bastare ai vertici del Nazareno per evitare di esultare senza motivo.
Ma le radici della débacle non affondano solo nel recente passato. Per quale motivo i romani avrebbero dovuto accorrere in massa a scegliere il candidato del Pd? Il nome di maggior appeal era quello di Roberto Giachetti, brava persona, ma più o meno un signor nessuno per l’elettore medio se non fosse per la nomina alla vicepresidenza della Camera arrivata in virtù della sua ortodossia al dettame renziano e in quello capitolino per la militanza come numero due di Francesco Rutelli sindaco, ormai un paio di ere geologiche fa. Eppure così convinto della bontà del metodo renziano da annunciare, nella conferenza stampa seguita alla vittoria, che “in Giunta con me porterò solo persone competenti ed appassionate che presenterò alla città quindici giorni prima del voto. Se a qualcuno questo metodo non piace, la porta è quella là“, come se la squadra di Governo non fosse importante e i romani non avessero diritto a conoscerla con sufficiente anticipo prima di decidere. Come non si stanca di ripetere Renzi a chi dissente.
Ma anche così poco persuaso della fattibilità dell’operazione da ritenere più conveniente non lasciare lo scranno a Montecitorio (“Io mi dimetterò nel momento in cui i romani dovessero decidere che sarò sindaco di Roma. Non vedo per quale ragione dovrei dimettermi dal Parlamento”, annunciava a gennaio: l’impresa è incerta, non si sa mai) e da dichiarare il 20 febbraio di non avere ancora un programma, ma solo perché “i programmi si costruiscono dopo le primarie“, interveniva in suo soccorso Matteo Orfini. Tanto Roma è una città così facile da gestire che si può andare anche a braccio.
Ma tant’è: al Pd serviva un candidato è Renzi ha scelto lui: buon curriculum, nessun processo o indagine a carico, civis romanus ma nello stesso tempo abbastanza lontano dalla palude della politica capitolina degli ultimi anni da apparire abbastanza homo novus e incarnare quella parvenza di rinnovamento che la narrazione renziana propone fin dagli esordi come panacea per tutti i mali.
Il problema è che quello di Giachetti era il nome più credibile e spendibile, in questa farsa che sono state le primarie del Pd a Roma. Perché oltre al vicePresidente della Camera, convinto da Matteo Renzi a correre per il Campidoglio dopo un pressing durato mesi, in corsa per la nomination non c’era nessuno. Nessuno.
E Roberto Morassut allora? dirà qualcuno. Chi? Ah sì, l’ex PCI con la faccia da ragazzo di buona famiglia con un passato da assessore all’urbanistica di Walter Veltroni e un presente da deputato del quale in pochi si erano accorti prima che annunciasse di voler infilare i guantoni e fare da sparring partner al compagno di partito. E poi? Domenico Rossi, sottosegretario alla Difesa di Centro Democratico ed ex Scelta Civica (!), Stefano Pedica, ex Italia dei Valori riciclatosi in extremis nel Pd, Gianfranco Mascia, ex Popolo Viola e portavoce dei Verdi, e Chiara Ferraro, ragazza autistica di 24 anni candidata dal padre alle comunali del 2013 e ora alle primarie.
Candidature raccolte in una manciata di giorni dopo la discesa in campo di Giachetti, il predestinato cooptato dai piano alti attorno al quale montare un circo fatto di illustri più o meno sconosciuti, ma con un compito fondamentale: fare numero e conferire il crisma della credibilità alla corsa capitolina sponda dem. Un’avventura nella quale, tra le macerie ancora fumanti del dopo Mafia Capitale, nessuno tra le prime file democratiche ha avuto il cuore di infilarsi.
In confronto quelle di tre anni fa sembravano le primarie del Pd, ma quello americano. La competizione era avvenuta su un livello assai più elevato nella scala gerarchica del Nazareno: Ignazio Marino, piazzatosi al terzo posto pochi mesi prima alle primarie democratiche per la scelta del segretario nazionale dietro a Pierluigi Bersani e Dario Franceschini, se l’era vista con Paolo Gentiloni, pezzo da novanta nel Pd romano e oggi ministro degli Esteri. Di caratura molto inferiore, ma c’era anche David Sassoli, volto del Tg1 ed europarlamentare. Una competizione molto più equilibrata, come testimoniano i risultati: Marino vinse con il 55% dei voti (che furono 102mila), davanti a Gentiloni al 28% e a Sassoli al 14%. Nulla a che vedere con il distacco siderale tra Giachetti (64,2%) Morassut (27,5%) e Domenico Rossi, terzo con un inesistente 3,3%.
Risultati di fronte ai quali, almeno per una volta, sarebbe gradito un mea culpa o almeno una presa di coscienza da parte dei vertici democratici. Qualcosa del tipo: “Scusate, l’affluenza ai seggi è crollata, il risultato è pessimo e la colpa è solo nostra. Proveremo a fare meglio e promettiamo tutto l’impegno di cui siamo capaci”. Invece no, avanti ad esultare per la “vittoria del Pd“. Che peccato: un’altra occasione persa per mostrare agli elettori il rispetto che meriterebbero.
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Ricky
Poi vorrei capire cosa ha nella zucca chi spende 2 euro per votare scheda bianca…sono così “attraenti” i candidati che gli elettori votano scheda bianca, vergognandosi di votare un nome? Da qui si capisce che costoro sono costretti ad andare a votare perché gli viene dato qualcosa in cambio, o avranno qualcosa da chiedere ai dirigenti locali del partito.
Robe da PD.W l’ItaGlia.
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Il punto maggiore di attacco dei piddini alla Raggi, candidata eletta dai 5 stelle, è che per diventare avvocato ha fatto alcuni messi di praticantato nello studio di Previti (come se il praticantato uno de lo scegliesse per motivi politici) e che non ha citato questi mesi nel suo curriculum (come se ciò fosse obbligatorio).
annamaria
Ora che sappiamo tutto del praticantato della Raggi, proviamo ad occuparci un po’ del candidato Pd a sindaco di Roma, Roberto Giachetti.
Centrifugato del più puro renzismo & pannellismo, Giachetti non è solo un fedelissimo interprete della politica di Renzi; è anche, da sempre (da almeno 30 anni, ma forse di più) un pannelliano di ferro. Già storica voce di radio radicale, di Pannella ha sempre pienamente condiviso tutta la linea politica ( in sintesi: dal thatcherismo più duro-ma praticato col sangue degli altri- al sostegno senza se e senza ma ad Israele-sempre sul sangue degli altri- alla più aperta ostilità, a partire dai tempi di ‘mani pulite’, contro i magistrati “implicati” in inchieste contro corrotti, ladri e mafiosi dai colletti bianchi e dalle mani insanguinate). Giachetti ha sempre avuto la tessera radicale e a tutt’oggi è ‘doppia tessera’. Ma qui, sul tema-giustizia e guerra a ‘mani pulite’, arriviamo al dunque. Arriviamo al profondo rapporto di conoscenza, di stima, di condivisione politica, di solidarietà e reciproco sostegno che ha sempre legato Previti e Pannella. Non saprei dire se oggi Previti ha la tessera radicale, ma di certo, PER DECENNI, è stato iscritto al partito con tutta la sua famiglia. Quindi un ‘compagno’ radicale. E non solo un compagno: anche un alto dirigente del Comitato Nazionale di Radicali Italiani, nominato grazie a una norma di statuto secondo cui i parlamentari che siano anche iscritti al partito, sono di diritto dirigenti.
Forse oggi quella norma statutaria non c’è più, ma anni fa c’era, c’era eccome!
C’era di sicuro negli anni del praticantato della Raggi, che frequentava lo studio di un alto, ancorché assenteista, dirigente radicale, “compagno” (si chiamano così i pannellidi fra di loro) del “compagno” Giachetti. Ok ragazzi? Qui non c’è bisogno di arrampicarsi sugli specchi per complicate deduzioni e controdeduzioni. Qui è tutto più facile.
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Bassolino denuncia le primarie del Pd di Napoli per gravi scorrettezze, ma se non c’è violenza fisica i giudici non hanno le leggi per non lasciar cadere tutto.
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NON C’E’ DISCUSSIONE
Alessandro Gilioli
«Il risultato di Napoli non è in discussione», dice la Serracchiani sull’Unità, ma su che criteri si basa la sua affermazione: dato che tra il primo e il secondo arrivato ci sono meno di 500 voti di differenza, che alcuni brogli sono documentati ed è è stata avviata un’indagine della magistratura e pure un ricorso ai garanti del Pd del candidato 2°?
E’ curioso che come vicesegretario del Pd Serracchiani anticipi così il verdetto dei garanti, si vede che sono dei notai che devono fare ciò che i capi vogliono. Del resto anche il pres. del Pd aveva detto esattamente la stessa cosa alla faccia della neutralità formale che i vertici dovrebbero tenere tra due contendenti. Personalmente non ho più simpatia per Bassolino che per la Valente, zero in entrambi i casi. Il punto è questa subcultura trasversale del «non c’è discussione» anche di fronte all’evidenza…Perché è esattamente la stessa che buona parte della classe dirigente di Renzi applica a tutto, anche fuori dal Pd: una profonda allergia alla discussione vista come inutile perdita di tempo. Che poi è la stessa che porta ai mille canguri in aula e ai mille voti di fiducia pure su leggi non fondamentali come a ridurre il Senato a una pagliacciata di yesmen nominati dai partiti tra i più fedeli negli enti locali. Tatti di autoritarismo non appartengono solo a un partito ma sono trasversali, secondo l’idea aziendalista e tecnocratica per cui il confronto è noioso e fa appunto perdere tempo. Ciò è figlio anche dei 20 anni di egemonia berlusconiana. I veleni del berlusconismo sono ancora in circolazione. Discussione è ragionamento, riflessione, autoconoscenza, dubbio, confronto…è parola, pensiero, libertà, democrazia. Non c’è discussione lo dicono i cattivi capi e i despoti, quando temono che la essa possa portare a un risultato diverso dalla loro volontà e convenienza.
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Lisa B.
Alle “sue” primarie 2012 contro Bersani, Renzi fece un putiferio per i presunti elettori “allontanati dai gazebo”, anche se la regola che gli elettori del secondo turno dovevano essere gli stessi del primo era nota fin dal principio… se Renzi avesse perso per 500 voti si sarebbe rivolto alla Corte Europea di giustizia, altro che “non c’è discussione”.
Siamo allo stesso scenario della Liguria: primarie irregolari, polvere nascosta sotto il tappeto dalla Segreteria nazionale (allora Renzi in persona disse “non facciamo i Tafazzi”), commissione di garanzia che avalla, candidato che se ne va. E sopratutto elettori che se ne vanno… ma poi, se la Valente perde contro De Magistris, la colpa sarà, nell’ordine: di Bassolino, di Civati, dei gufi, dei tecnocrati europei. Come al solito, autocritica zero.
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Clavan
Ma se questi fregano per delle votazioni INTERNE, come facciamo a fidarci quando entreranno in competizione elettorale con l’opposizione? Questi sono capaci di taroccare tutti i dati per dire che loro hanno avuto il 90% dei consensi e tutto questo “senza discussione”… Mi dispiace ma continuo a non capire chi continua dopo tutto questo a votare PD o meglio i casi sono due: o sono delle anime belle che vivono tra unicorni colorati e principesse o sono dei collusi… scegliere voi…. io non mi fiderò mai più di questa gentaglia…
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Asinello
Primarie taroccate ? Ma che pretendete da un partito il cui segretario tarocca tutto
dati economici, occupazionali, debito pubblico, salvataggi bancari, livello tassazione ecc.? La lettera che sta arrivando dalla commissione europea contiene osservazioni sulle taroccature del Governo. La commissione “nun è fessa”.
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Giorgio N.
Ormai il PD è un partito profondamente escrementizio. Anzi, direi… escrementoso.
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Scrive Travaglio:
“Ennesimo scandalo Pd sulle primarie taroccate. Ma invocare indagini, riforme, nuove regole per impedire il ripetersi di certi scandali è inutile.. L’ha spiegato Zagrebelsky con la piramide rovesciata: “Le decisioni politiche, da tempo, si elaborano dall’alto, in sedi riservate e poco trasparenti, e vengono imposte sui cittadini, il Parlamento è considerato un intralcio e perciò umiliato..la democrazia partecipativa è stata sostituita da una oligarchia riservata”.
Ma la gente va illusa, anche se viene espropriata di ogni potere decisionale. Con l’Italicum si tenta di ridurre la politica a due grandi partiti generalisti all’americana (come da Piano di Rinascita democratica di Licio Gelli) con programmi molto vaghi e molto simili, per simulare una competizione che di fatto non esiste, tanto chiunque vinca farà le stesse porcate (meglio dette ‘riforme’) peraltro decise altrove e sempre a vantaggio delle stesse lobby italiane internazionali (dette mercati). Per vincere basta avere il 20-25% dei voti per accaparrarsi col premio di ballottaggio il 55% dei seggi. Ma, per evitare sorprese, i 2/3 dei deputati saranno nominati direttamente dai capipartito coi capilista bloccati. I Senatori saranno anch’essi nominati dalle segreterie dei partiti tramite i consigli regionali. Così l’intero Parlamento non dipenderà dagli elettori ma da 3 o 4 capibastone, anzi sostanzialmente dal primo che guiderà il Parlamento, il primo partito, il Governo, poi cambierà la Costituzione a suo piacere e si sceglierà il Presidente della Repubblica, i giudici costituzionali, i membri laici del Csm, i vertici della Rai, i direttori di reti e tg e naturalmente le Authority indipendenti, Caso mai qualcuno volesse ribellarsi si useranno voti di fiducia, canguri, minacce, lusinghe sostituzioni in commissione e trasformisti ingaggiati. Ma gli elettori basterà tenerli occupati col simpatico giochino delle primarie, poi si possono sempre truccare i dati, si arruoleranno cinesi, magrebini e finti avversari politici, liquidandoli poi come casi isolati se si fanno beccare. La gente povera e onesta potrebbe anche stufarsi, ma si potrà sempre celebrare l’età dell’oro con quell’informazione che prende sempre per buone le veline di palazzo, diffondendo in tv programmi idioti e di rincoglionimento e sventolando lo spauracchio del terrorismo.. una guerra ogni tanto potrebbe aiutare. ma solo dopo un bell’attentato che consenta di chiamarla con un altro nome.
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Di seguito riportiamo la traduzione integrale di un articolo uscito ieri sull’Economist su Virginia Raggi, candidata sindaco del M5S a Roma.
da The Economist
Anche i fan del M5S, un gruppo politico italiano spesso descritto come populista, anticonformista e anti-establishment, non ci avrebbero mai creduto.
Così quando il video per la campagna per Virginia Raggi, 37 anni candidata a 5 stelle sindaco di Roma, è apparso on-line alla fine di febbraio, è stato uno shock. Disattivate la colonna sonora sul video della signora Raggi, in cui dichiara che “possiamo di nuovo essere una città del mondo”, e il suo vestito limpido e il messaggio politico di presentazione potrebbe essere quelli di una aspirante candidata deputata con i Democratici in America o per i Conservatori in Gran Bretagna. Un oratore di talento, la signora Raggi illustra come il 2° iù grande gruppo politico in Italia sta sempre più arrivando ad assomigliare ad un partito normale.
I sondaggi continuano a dare al M5S un quarto dell’elettorato: circa 8 pti percentuali dietro il Pd (PD) di centro-sx e attualmente al Governo, ma di dieci punti percentuali avanti rispetto al partito di dx della Lega Nord.
A Roma, una città che ha sofferto a lungo abbandono e la corruzione a causa dei partiti tradizionali, la signora Raggi avrà una buona possibilità di successo quando si svolgerà il voto, molto probabilmente nel mese di giugno.
Il fatto che abbia avuto un video pronto prima dei suoi rivali denota sia l’importanza che M5S da alla sua campagna sia la loro crescente professionalità.
La popolarità duratura del gruppo è tanto più notevole in vista delle recenti battute d’arresto e sconvolgimenti. In modi diversi, è il più e il meno democratico dei movimenti politici italiani. Sprezzante della democrazia convenzionale, i suoi leader ritengono che Internet offra la possibilità di ritornare ad uno stile Ateniese, la democrazia diretta in cui ogni questione politica sarebbe sottoposta a referendum on-line. All’interno del movimento, sono utilizzate votazioni online per impostare la politica e selezionare i candidati (e anche di espellere i rappresentanti eletti che non riescono a rispettare le sue regole rigide).
Ma le realtà grandi decisioni, per esempio se l’Italia debba o meno rimanere nella zona euro e simili, sono sempre state prese dai suoi due co-fondatori non eletti: Beppe Grillo, un comico satirico, e Gianroberto Casaleggio, un attivista politico e imprenditore.
Sebbene dallo scorso anno Grillo ha iniziato a concentrarsi maggiormente sulla sua carriera teatrale, la sua influenza è ancora decisiva.
Il mese scorso, quando il Senato ha discusso una proposta di legge per legalizzare le unioni civili, tra coppie dello stesso sesso, Grillo ha inaspettatamente annunciato che avrebbe dato ai Senatori del M5S libertà di coscienza su una clausola che permetterebbe ai partner gay di adottare il figlio biologico dell’altro. Molti cattolici e conservatori temevano la disposizione avrebbe incoraggiato le nascite surrogate. Il Movimento ha successivamente ritirato il suo sostegno a una mozione che avrebbe consentito alla clausola di passare incontrastata. Ciò ha spiazzato il PD, che era convinto che il movimento non si sarebbe inimicato le persone omosessuali. Per il supporto il PD ha dovuto quindi passare per il cdx.
Il provvedimento è passato senza la sua clausola controversa.
I commentatori hanno accusato Grillo di cercare cinicamente per i voti della dx in preparazione per l’elezione a Roma. Ma il signor Casaleggio ha detto che la decisione è stata parzialmente dovuta alle “diverse sensibilità” nel Movimento. E’ molto meno radicale del Governo di Syriza in Grecia o di Podemos in Spagna. Uniti da un odio per i partiti tradizionali contaminati in Italia, gli attivisti a 5 stelle sono un gruppo eterogeneo, spesso in disaccordo su questioni come la privatizzazione o l’aborto. La maggior parte sono progressisti alcuni decisamente conservatrici. Grillo critica l’euro ed è felice di essere amico di Farage, leader dell’UKIP, il quale sta cercando far uscire la Gran Bretagna fuori dalla UE. Se vorranno diventare il partito principale del Governo, tali differenze dovranno essere risolte.
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CRISI, DEFLAZIONE E AVANZATA DELLE DX FASCISTA
Berluscameno
Tutto può succedere e tutto possiamo perdere “QUANDO CHI COMANDA SBAGLIA” !
E’ già stato dimostrato che a porre le basi per l’ascesa al potere del Terzo Reich non fu l’inflazione, ma la “deflazione”, la stessa causa che è stata instaurata adesso in UE (Merkel docet !) dopo anni di “rigore” tedesco.
In Germania dal 1928 al 1932 si è verificato statisticamente che con l’aumento della disoccupazione si verificava percentualmente un identico aumento del voto nazista.
Nella Germania degli anni ’30, la “cura” Bruening si abbatté su un’economia già vulnerata dalla deflazione, aggravandola. “Sette milioni di salariati, un terzo della forza produttiva, era disoccupato;la classe media spazzata via”.
Questa la situazione a un anno (1929) dall’apice della prosperità indotta – drogata – dai capitali esteri. Che del resto, causa la recessione infuriante in Usa (1929), già erano stato rimpatriati. In quell’ anno (1930), il numero dei deputati nazisti eletti al Reichstag passò da 8 a 107. Nel gennaio 1933, fu anche nominato cancelliere Adolfo Hitler.
“C’era una volta un paese (Germania) con una bella Costituzione democratica, fondata sugli ideali della libertà”, un paese che “aveva eletto alla assemblea di Weimar personalità che offrivano le migliori garanzie di estirpare le idee del prussianesimo. Poi dei “mascalzoni, dei pazzi” (vd Schaeuble), sono apparsi sulla scena della storia, e la “democrazia è stata gettata via”.
Si sono date tante spiegazioni di questo fenomeno, dalle ‘politiche illiberali’ all’”innato militarismo” dei tedeschi. Idee varie: che evitano di dar conto dei meccanismi economici e sociali che distrussero la Germania dall’ interno”. E ora l’Ue accresce la mortalità nei Paesi deboli. “E’ di tutta evidenza come ‘calo della natalità e aumento dei decessi ‘siano fenomeni che hanno una stretta connessione con la condizione reale delle famiglie nel Paese”. “Crisi economica, degrado ambientale” ma anche la “diminuita solidarietà sociale” vengono indicati dal demografo Giancarlo Blangiardo – che ha lanciato l’allarme su questa impennata da tempi di guerra. Oggi dovremmo parafrasare quella sgomenta conclusione: come mai l’Europa Unita “ha preso la strada della barbarie”?
Aveva promesso prosperità e benessere attraverso la neutralizzazione della politica, ed è ora ragione di miseria e scontento per un numero crescente di nazioni,e per quelli del Mediterraneo una vera prigione dei popoli.
Era nata sul presupposto che “sottrarre le sovranità nazionali era necessario perché non sorgessero più degli Hitler”. Era nata per neutralizzare la politica (la volontà popolare) nella convinzione che era quella a provocare le eterne guerre fra europei.
“Ora la tecnocrazia burocratica UE (non eletta) che ha preteso di sostituire i governi s’è tramutata in un’altra versione di quei “pazzi e mascalzoni” che era nata per scongiurare”.
Una burocrazia UE arrogante ed irresponsabile verso le nazioni e gli stati , le società e i popoli che non “governa”, ma che “gestisce” con perfetta insensibilità verso le sofferenze dei sottoposti, secondo un piano ideologico e concezioni preconcette.
“Una entità UE ( non si sa come definirla !)che lascia governare da una parte “il mercato” e dall’ altra la Banca centrale(BCE), supposti meccanismi oggettivi e neutri, a tal punto che non si vuole – né si sa più – governare per far crescere il benessere dei popoli fra gli scogli e gli imprevisti della storia”.
I concetti di “giustizia sociale”, previdenza, “redistribuzione”, non entrano più nel discorso politico, sostituiti dalla attuale promozione dei “diritti arcobaleno” che non costano nulla!
La UE é una OLIGARCHIA dove, mancando- per la” negazione delle sovranità statali” -luoghi di mediazione politica certa, gli ‘stati potenti’ opprimono gli ‘stati più deboli’, senza alcuno scrupolo, né possibilità di difesa.
Il risultato di questo “totalitarismo non-governante “si comincia a vedere: in Italia ha fatto solo brevemente scalpore sapere che nel 2015 ci sono stati 68 mila morti di troppo, un aumento dell’11 per cento pari ai periodi delle due guerre mondiali;
ma anche in Francia la speranza di vita è diminuita, per la prima volta dal 1969, e così in Spagna, Grecia, Portogallo – i soli Paesi dove arretra, insieme alla Siria, la Tunisia, la Libia, l’Irak. Ma in questi c’è la guerra e il caos.
L’arretramento della speranza di vita di Paesi europei “in pace” può essere imputata ad una causa SOLA e ben precisa: “la Ue con la sua politica economica errata dell’austerità e del rigore in epoca di recessione e deflazione”. L’Ue é una dittatura di nuovo tipo, una plutocrazia iniqua e senza unità di destino, tenuta insieme da regolamenti ed arbitrii dei Paesi più ricchi. E solo il prossimo futuro ci dirà se non farà rimpiangere gli hitlerismi che è nata per scongiurare. Quelli hanno fatto morire gli europei in guerra. Ma l’Ue ci fa morire in tempo di pace.
La soluzione liberista o piuttosto il neo –mercantilismo tedesco di matrice nazista?
“Gli operai – in Germania, nel 1930 – furono licenziati in massa. Ma naturalmente i datori di lavoro non ne ottennero lo sperato sollievo. Ogni lavoratore licenziato era anche un consumatore che spariva.
Nel 2016, la cancelliera Merkel e il capo della Budesbank Jen Weidman che nella BCE si oppone a Draghi, nega che esista la deflazione e predica austerità e tagli di bilancio, ripetendo l’errore che fecero allora gli imprenditori tedeschi.
Anche nella Germania di Weimar la benedizione degli investimenti esteri aveva prodotto l’esito noto: sovrapproduzione, disoccupazione, recessione.
Lo storico Heilig ragiona su questi costi incomprimibili che divorarono i profitti.
Allora la Germania vide e capì che s’era svenata per i non-produttivi, ossia i banchieri.
Nel corso del ’31 parecchi industriali tedeschi non furono più in grado di onorare i debiti.
I costi incomprimibili erano diventati insopportabili e cessarono di essere pagati. Con l’insolvenza dei debitori, cominciarono a fallire le banche.
Il cancelliere Heinrich Bruening, laureato dalla London School of Economics, allievo-modello del capitalismo liberista, spese miliardi di marchi (dei contribuenti) per salvare le banche. Poi accordò amplissimi sussidi alle imprese in difficoltà. Come si vede allora ed oggi, il liberismo, quando è in pericolo il capitale, diventa statalista, invece di affidarsi al “mercato” (e fallire), pretende l’intervento pubblico per salvare se stesso, la mano visibile dello Stato. Bruening lanciò quella che ebbe il coraggio – o la stupidità – di chiamare
politica anti-deflazionista, che consisteva nel somministrare più forti dosi del tossico che aveva condotto alla rovina. E decretò una riduzione generale dei salari, che furono tagliati del 15%. La ragione di questa CURA DI AUSTERITA’ e rigore dei conti era la convinzione che, ridotto il potere d’acquisto dei lavoratori, questo avrebbe indotto una riduzione successiva dei prezzi. L’esperimento dell’egemonia Merkel sui Paesi deboli del Sud Europa non ha un motivazione molto più intelligente. Prima si abbassino i salari, e poi caleranno i prezzi. Infatti la riduzione alla fame della classe operaia, non pare un prezzo indegno di essere pagato. Ma i prezzi dei beni prodotti erano determinati da fattori ben diversi che dai salari, dice Heilig, ossia dalle” famose spese incomprimibili.
Nel nostro tempo, la riduzione di prezzi generalmente ritenuti incomprimibili come il “PETROLIO E LE MATERIE PRIME”, è stata salutata come una vittoria, il segno che il sistema funziona e si poteva indebitare il mondo ancora un po’… fino alla ‘debt trap’, la “trappola del debito”.
E QUESTO è proprio IL PUNTO IN CUI ci TROVIAMO ORA!
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Viviana Vivarelli
Ho stima per Gilioli, personaggio puro e crepuscolare, legato ancora ad un idealismo antico di sx di cui si è persa traccia nei meandri meschini di questo Pd, le cui malefatte cialtroncelle vengono a galla ogni giorno, gettando sempre più nel discredito questa disgraziata repubblica, repubblica ormai solo di fatto, mentre avanza il dispotismo straccione di Renzi come uno schiacciasassi su quel che resta della democrazia, dei diritti dei cittadini, dei valori civili. Se guardo come sono caduti in basso certi personaggi del vecchio PCI o della vecchia DC, come quello Zanda, piegato ormai come uno zerbino che fa vergogna sin al nome che porta, quel Bersani dai fievoli lamenti, quella Bindi ormai spodestata e sostituita con un servitore più arrendevole, Corradino Mineo, Fassina, Ernesto Rossi, Macaluso… per non parlare dell’inutile Vendola…mi prende lo scoramento perché assisto non solo alla resa vergognosa di un partito che era il terzo in Europa, ma alla resa vile di una classe politica che ha dimenticato quello che era e quello che poteva essere per restare abbarbicata al potere per il potere come unica ancora di salvezza in un mondo in declino anche per colpa sua.
Ma ci sono nuove mete che avanzano e la Turchia ce le dà tutte. Mi compiaccio di riportare l’articolo di oggi di Travaglio, sulla Turchia appunto, prossimo orizzonte della democrazia italiana.
Venerdì notte la polizia turca ha fatto irruzione nella sede di Zaman, unico quotidiano libero e dunque antigovernativo rimasto in Turchia, che non a caso vende 650 mila copie, per assumerne il controllo su ordine del molto democratico Presidente Erdogan – scrive Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano nell’editoriale di oggi 8 marzo 2016, dal titolo “Siamo tutti Zaman” -. I giornalisti e gli impiegati hanno tentato di resistere e si son beccati una raffica di proiettili di gomma e lacrimogeni. Poi, in mattinata, sono giunti i nuovi amministratori e i nuovi giornalisti inviati dal Governo a rimpiazzare quelli sgraditi. Il direttore Abdulhamit Bilici non ha neppure potuto entrare nella sua redazione: l’hanno lasciato nella hall e lì gli hanno fatto firmare le dimissioni spontanee. Domenica è uscito il “nuovo” Zaman: una bella foto di Erdogan in prima pagina, un titolone per celebrare la sua ultima grande opera, il nuovo ponte sul Bosforo, e vari articoli encomiastici sul Presidente. La stessa sorte era toccata cinque mesi fa ad altri due quotidiani non allineati, Bugun e Millet, subito normalizzati come tre anni fa era accaduto al Sabah. Ora finalmente l’ordine regna ad Ankara, capitale della Turchia che Berlusconi e Napolitano volevano portare in Europa.
In Italia, per fortuna, non sono necessari i blitz della polizia per trasformare i giornali in Pravde governative: provvedono essi stessi con gran lena e voluttà, con stomaci d’acciaio e soprattutto con gran risparmio di fatica, soldi, pallottole e lacrimogeni. Prendete l’Unità: per vent’anni ha pubblicato articoli ferocissimi contro il Ponte sullo Stretto di Messina, progetto demenziale e criminogeno del Governo B. che corona il sogno confederale di unire la ’ndrangheta e la mafia. Poi è bastato che Renzi lo facesse proprio e l’Unità se l’è fatto piacere un bel po’. Siccome però Renzi, diversamente dallo statico Erdogan, è piuttosto mobile e cambia idea a ogni variazione del tasso di umidità, le sue Pravdine e i suoi palafrenieri sono costretti a contorsioni, evoluzioni e free climbing pressoché quotidiani. Un mese fa, per dire, l’Unità e Repubblica sparavano a zero contro chi osava proporre lo stralcio della stepchild adoption dalla legge Cirinnà. Poi lo stralcio l’ha imposto Renzi e oplà, anche Unità e Repubblica gli han votato la fiducia: viva lo stralcio, abbasso la stepchild adoption! E le battaglie contro la legge Gasparri e l’occupazione governativa della Rai? Grandiose, memorabili, epiche (quando c’era B.). Poi Renzi conferma la legge Gasparri, anzi la peggiora esautorando il Presidente e il Cda. E dà tutto il potere al direttore generale nominato da lui, che nomina i direttori di rete voluti da lui, che nomineranno i direttori dei tg voluti da lui. E allora, viva la Gasparri, viva l’occupazione governativa della Rai! Tuoni e fulmini contro Mondazzoli, l’orrenda concentrazione editoriale a scapito del pluralismo culturale. Poi nasce Stampapubblica XIX dalla fusione De Benedetti-Elkann-Perrone, e allora contrordine, compagni: viva le concentrazioni editoriali, abbasso il pluralismo! mesi e mesi a magnificare il ‘ruolo-guida’ che avrà l’Italia di Renzi nella missione militare di Libia, orgoglio e vanto del ritrovato prestigio nazionale nel mondo. Poi Renzi va dalla D’Urso, previo vertice con Confalonieri, e dice: guerra? Quale guerra? Se becco il gufo che ha parlato di 5.000 soldati italiani in Libia, lo faccio nero. Purtroppo i gufi si chiamano Paolo Gentiloni (“L’Italia è pronta a combattere in un quadro di legalità internazionale”) e Roberta Pinotti (“Libia, pronti 5.000 uomini. Se in Afganistan abbiamo mandato fino a 5000 uomini, in un Paese come la Libia che ci riguarda molto più da vicino e in cui il rischio di deterioramento è molto più preoccupante per l’Italia, la nostra missione può essere significativa e impegnativa anche numericamente”). E sono i Ministri degli Esteri e della Difesa del Governo Renzi.. e allora chi è il fellone che s’è permesso di parlare di guerra?
Per 65 anni l’Unità e per 37 Repubblica, con gran coro di giuristi, intellettuali e artisti, hanno difeso a spada tratta la Costituzione più bella del mondo dai golpisti gollisti, piduisti, craxiani e berlusconiani che volevano snaturarla in senso presidenziale mortificando il Parlamento. Poi tre anni fa Napolitano e due anni fa Renzi decidono che è giunta l’ora di snaturare la Costituzione in senso presidenziale, mortificando il Parlamento e regalando un po’ di gioia agli ultimi mesi di vita di Licio Gelli. E allora il golpismo gollista-piduista-craxiano-berlusconiano diventa “la grande riforma” che modernizza l’Italia. Zagrebelsky ha scritto il manifesto del No al referendum costituzionale contro il nuovo Senato.. e Renzi lo ha fatto bastonare da tal Carlo Fusaro come “estremista”, “fazioso, “miope”, “demonizzatore”… già che c’era Fusaro ha pure riabilitato Gelli da chi come Zagrebelsky, demonizza il “presunto golpismo degli anni ‘70”, mentre com’è noti, il sor Licio era un sincero democratico. La conclusione è impareggiabile: “Di alcune tesi si potrebbe pacatamente discutere: ma è l’impostazione del tutto, il senso di un pregiudizio profondo, ideologizzato e per nulla laico, che lo rende pressoché impossibile. Peccato, Cercheremo altri con i quali discutere del sì e del no”. Ecco, bravo, scegliti tu l’avversario. Perché non provi con Verdini?
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LA CGIL FAVOREVOLE ALLE TRIVELLAZIONI IN MARE
Paolo De Gregorio
Il segretario dei chimici della CGIL, Emilio Miceli, incurante dei gravissimi pericoli che comportano le trivellazioni alla ricerca di gas e petrolio, in un mare chiuso come il Mediterraneo, incurante dei solenni impegni presi dal nostro paese nella Conferenza internazionale di Parigi per ridurre le emissioni da combustibili fossili, non trova altro da dire che ci sarebbe un calo degli occupati e che l’Italia uscirebbe da un settore strategico con migliaia di ingegneri e manodopera specializzata in fuga.
Praticamente il maggior sindacato italiano non si è ancora accorto che i combustibili fossili appartengono al passato, che sono incompatibili con la vita sulla terra, e che bisogna urgentemente passare alle energie rinnovabili con scelte coraggiose che riconvertano in elettrico tutto il nostro fabbisogno energetico, a emissioni zero.
La prima cosa da ottenere, a livello politico, per attuare questa rivoluzionaria riconversione è la Costituzione di un “Ministero per l’energia”, capace di studiare un progetto nazionale per l’autonomia energetica del nostro paese, da realizzare con manufatti frutto della nostra ricerca, fabbricati da industrie italiane, installati da ditte italiane, proteggendo con dazi questo settore per creare una forte occupazione interna.
La strategia da adottare è quella di individuare tre principali interventi da fare:
-il primo è quello di rendere autosufficiente energeticamente ogni casa singola, ogni capannone industriale e artigianale, ogni fattoria agricola, con pannelli fotovoltaici di ultima generazione, e ciò si può far partire subito, togliendo di mezzo ogni intralcio burocratico, tagliando le tasse e garantendo una rateizzazione di dieci anni
-per dare energia elettrica alle città, anche per il riscaldamento e la cucina, ci vogliono grandi centrali, tipo quelle a concentrazione inventate da Rubbia e già funzionanti in Spagna, integrabili con centrali eoliche e fotovoltaico tradizionale
-per l’autotrazione il discorso cambia e solo la ricerca può stabilire se è più fattibile ed economico l’idrogeno oppure spingere su batterie a litio caricate con il solare
Un’altra iniziativa, capace di ridurre di molto i gas serra, è togliere buona parte del traffico pesante sulle due più grandi arterie stradali che portano dal Nord al Sud e viceversa, l’autostrada del Sole e l’Adriatica, sfruttando “l’autostrada del mare”, con navi innovative e veloci, capaci di portare centinaia di TIR ognuna, in partenza quotidiana da Palermo e Brindisi, risalendo Tirreno e Adriatico fino a Genova e Trieste, con la possibilità di arrivare a Marsiglia se il mercato lo chiedesse
Il futuro è questo, basta lavorarci sopra, non ci sono impedimenti tecnici, anzi le tecnologie rinnovabili sono sempre più sofisticate, rendono di più e costano meno. Bisogna “solo” sconfiggere le lobby del petrolio e del gas e la pigrizia mentale, ma l’attuale sistema è veramente insostenibile.
I sindacalisti ed i politici aggrappati alle poltrone della conservazione, dell’ignoranza, della sottovalutazione dei cambiamenti climatici, devono essere combattuti come i peggiori nemici, ma soprattutto sostituiti da una nuova classe dirigente che fa della riconversione energetica un programma per assicurare un futuro alle nuove generazioni.
Paolo De Gregorio
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MODICHE QUANTITA’ DI DEMOCRAZIA
Paolo De Gregorio
La democrazia, se considerata nel suo significato letterale, teorico, sarebbe senza dubbio il regime politico migliore, ma oggi ci troviamo di fronte a una parodia di questo assetto politico che sarebbe più giusto definire oligarchia, almeno da quando i poteri forti che si sono costituiti (industriali, bancari,mediatici, commerciali, religiosi, farmaceutici) prendono le loro decisioni che riguardano l’economia dopo aver messo a cuccia la politica, destinata a fare la cinghia di trasmissione di interessi privati e non pubblici.
Lo strapotere del denaro, il monopolio delle TV, della carta stampata, la pubblicità che ci perseguita in ogni minuto della nostra vita, ci impongono cosa pensare, cosa consumare, cosa fare per la nostra salute, come vestirci, visto che queste entità economiche hanno tutto in mano: producono le merci nelle loro fabbriche, le distribuiscono nei loro supermercati, le impongono con una martellante pubblicità nelle loro televisioni o riviste, in realtà sono una dittatura senza nessun contropotere che possa fronteggiarla.
Per tentare di uscire da questa situazione, in nome di una democrazia autentica, bisogna assolutamente che i cittadini possiedano dei mezzi, delle regole, che permettano loro di modificare in profondità il modo in cui si fa politica, a cominciare dal modo in cui si individuano i candidati.
La prima forma di partecipazione alla vita politica di un cittadino è in genere quella sul proprio territorio dove è chiamato ad eleggere il Comitato di quartiere, di carattere non partitico, in cui far emergere le persone migliori, quelle che si danno da fare per analizzare e affrontare i problemi del quartiere, percorso da cui ricavare un giudizio sulle qualità e onestà delle persone, test indispensabile per un eventuale passaggio ad una attività politica.
La partecipazione attiva a questa organizzazione della base dei cittadini, con il compito di far emergere le persone migliori, è un primo passo fondamentale su un terreno che oggi è gestito dai partiti politici che ci mandano, con successo, i loro tromboni o capibastone. Cominciare a togliere agli attuali putrescenti partiti questo spazio sarebbe un passo importante, indispensabile per poter far emergere una classe politica nuova, basata su un rapporto con i problemi di cittadini, con la loro partecipazione a un programma sociale che li riguarda direttamente.
Nella zona in cui vivo mancano le fogne e vicino vi è una discarica puzzolente da chiudere: però i cittadini dormono e i partiti sono pagati per dormire.
Per evitare che tali organismi di democrazia primaria si trasformino in organismi burocratici e inamovibili, la regola indispensabile dovrebbe essere quella che, sia il Presidente che i consiglieri, diventino ineleggibili dopo due mandati. Non solo, ma durante il mandato, se l’attività del Consiglio di quartiere non opera secondo gli impegni presi, i cittadini devono poter usare, previa raccolta di un certo numero di firme, il meccanismo di origine anglosassone, il “recall” (revoca), che praticamente licenzia il Consiglio e si indicono nuove elezioni.
Per far sentire i cittadini protagonisti della vita politica, essi hanno bisogno di regole che diano loro effettivi poteri e quella del “recall” è un potere vero, da usare anche verso sindaci, parlamentari, e tutti gli eletti a cariche elettive, che si comportano male, sono rinviati a giudizio o cambiano partito.
Ricordiamoci sempre che chiunque ricopre una carica elettiva è un nostro impiegato a tempo determinato, che va a realizzare il programma stabilito con gli elettori, e se non lo fa gli elettori lo possono cacciare quando vogliono, esattamente come fa un datore di lavoro quando vede un dipendente che fa cose diverse da quelle per cui è stato assunto.
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